Omicidio Sara Di Pietrantonio, Paduano condannato a 30 anni: pena ridotta
Omicidio Sara Di Pietrantonio, Paduano condannato a 30 anni: pena ridotta in Appello.
Il 29 maggio del 2016 a Roma, nel quartiere Magliana, si era consumato l’ennesimo delitto a sfondo passionale: la vittima era Sara Di Pietrantonio, studentessa ventiduenne che ha pagato con la vita la fine della relazione con Vincenzo Paduano, ex guardia giurata. Di fronte all’ennesimo caso in cui la rielaborazione della rottura con il proprio partner non conosce, per la controparte maschile, uno sbocco razionale, gli inquirenti erano però venuti a capo della questione: l’omicidio era premeditato.
Il delitto di Sara Di Pietrantonio
La sorte di Sara sembra ripercorrere un copione già tristemente noto: dapprima lo stalking, poi il pedinamento sotto casa del nuovo compagno di lei. Sara esce di casa, ma trova il passo sbarrato dal Vincenzo. La rabbia annebbia ogni barlume di razionalità, ma sembra comunque obbedire a una logica, quella logica del “se non puoi essere mia, non sarai di nessun altro”. La strangola. Ma il corpo deve sparire. Vincenzo ha già pensato anche a questo. cosparge la macchina di benzina e le da’ fuoco. Di Sara restano, per un momento, solo le ciocche bionde che sua madre, Tina Raccuia, riconosce tra le fiamme che divorano il suo corpo esanime. Paduano tornò al lavoro con inattesa tranquillità, dopo l’omicidio. Nonostante ciò, quando fu inserito nel registro dagli indagati, il suo assassino escluse ogni implicazione di vendetta, ogni tentativo di aggressione intenzionale: dichiarò che la causa del decesso sarebbe stata la sigaretta che lui aveva acceso nel corso del loro ennesimo litigio. L’alcol che aveva versato in macchina e gli indumenti della ragazza già sporchi avevano portato al compimento della triste morte della ragazza.
Omicidio Sara di Pietrantonio: il processo a Paduano
Svelata ogni responsabilità, Paudano, con l’accusa di omicidio volontario premeditato, stalking e distruzione di cadavere, è condannato all’ergastolo. Apprendiamo, però, che oggi la prima Corte d’Assise d’appello a Roma ha deliberato in favore di una riduzione della pena dell’imputato a 30 anni.