Salone del Libro di Torino 2018 è stato grande successo. I partecipanti

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Salone del Libro di Torino 2018 è stato grande successo. I partecipanti

Torino resta la città del Libro. Lo confermano ancora una volta il numero dei visitatori con la chiusura (mai avvenuta!) per un’ora dei cancelli, ma anche il ritorno dei grandi editori (come Mondadori, che l’hanno scorso aveva scommesso solo sulla fiera milanese). Per non parlare della presenza dei nuovi (come Solferino, nato per compensare la perdita della divisione libri di RCS); dell’allargamento di quelli ancora giovani (come La Nave di Teseo). Ma al centro della trentunesima edizione del Salone del Libro di Torino – “Un giorno, tutto questo”, che si è svolta dal 10 al 14 maggio di nuovo sotto la direzione editoriale di Nicola Lagioia – non ci sono stati gli editori, ma i lettori e un ricco programma di incontri che quest’anno si espande al padiglione 4 ma che si allarga sempre di più fuori dal Lingotto con la proposta del Salone Off alla sua quindicesima edizione.

Salone del libro: gli scrittori polemisti

A tenere banco in questa edizione sono stati come sempre i grandi autori soprattutto stranieri, ma la vera novità è stata la presenza degli “scrittori polemisti” – per richiamare il titolo di un volume di Bruno Pischedda – impegnati; attraverso la parola, nella riflessione su temi civili e politici. Così questa edizione è iniziata dalla sala gialla con la lezione magistrale di Javier Cercas sull’Europa e l’eroismo della ragione: un violento monito contro il nazionalismo, “fede” del nostro tempo, a favore dell’utopia di un’Europa unita, il cui lemma dovrebbe essere E pluribus unum, cioè “da molti paesi, lingue, culture, tradizioni e storie, un solo stato”.

Da “europeista estremista”, come lui stesso di definisce, Cercas ha insistito sulla necessità di mettere insieme “diversità culturale” e “unità politica”; perché “senza la diversità culturale, l’Europa s’impoverirà in maniera irreversibile” e “senza l’unità politica l’Europa sembra condannata alla distruzione”. Insomma, il progetto europeo va difeso per la nostra stessa sopravvivenza, ma anche perché oggi costituisce “l’ultimo bastione di democrazia”, come ha detto Javier Marías, che è arrivato al Salone per presentare il suo nuovo romanzo Berta Isla. Non è un caso che siano stati gli scrittori spagnoli, ancora scossi dalla crisi catalana, a metterci maggiormente in guardia dal demone nazionalista.

Da Moung ad Augias al Salone del Libro di Torino

Seguendo gli “scrittori polemisti” incontriamo Yascha Mounk, giovane professore di Harvard, con il suo lavoro su Popolo vs Democrazia, che ha sottolineato la faglia tra liberalismo e democrazia; inoltre Ilvo Diamanti – autore con Marc Lazar di Popolocrazia – che ha provato a spiegare la complessa metamorfosi delle democrazie rappresentative. Ancora l’intervento (affollatissimo) di Piergiorgio Odifreddi, in libreria con un pamphlet cinico e provocatorio – La democrazia non esiste – che attraverso la ragione matematica smonta l’utopia democratica; e quello dell’economista Jacques Attali che, riflettendo sui temi della politica internazionale, si è lanciato in una “breve storia del futuro”. E poi Corrado Augias, a cui quest’anno è toccato illustrare a un pubblico di scuole torinesi quel “prezioso scudo di carta” che è la Costituzione italiana, a cui seguì l’eccezionalità delle prime elezioni politiche della storia repubblicana.

Salone del Libro: gli anniversari

Uno dei saloni più “politici”, se letto in relazione con le vicende politiche italiane di questi giorni; anche per quanto riguarda la memoria di alcuni eventi ancora vivi tra noi: molti sono stati gli incontri dedicati al paese ospite – la Francia – per le celebrazioni del maggio 1968; ricordato tra gli altri dal novantaseienne Edgar Morin e da Erri De Luca. Protagonisti di una lezione sulla “rivoluzione sociale che ha cambiato la visione del mondo”. Ma anche quelli per i quarant’anni dalla morte di Aldo Moro – letta da un geniale Stefano Massini attraverso Freud e di Peppino Impastato. La sua storia è stata raccontata con diversi eventi del Salone Off.

Da non dimenticare sempre i quarant’anni dalla legge Basaglia che nel 1978 chiudeva i manicomi italiani, e gli ottant’anni dalle leggi razziali. Con la presenza di un ex deportato, Bogdan Bartnikowski, che ha presentato in anteprima un libro fotografico sulla liberazione di Auschwitz; poi Edith Bruck (ebrea di origine ungherese scampata ai campi di concentramento), che è intervenuta con la forza della poesia. Ovviamente c’è stato spazio anche per una ricorrenza letteraria: i duecento anni dalla pubblicazione di Frankenstein di Mary Shelley.

Libri consigliati: “La lunga vita di Marianna Ucrìa” di Dacia Maraini

Il salone del libro è un’agorà europea

Il Salone vince per il secondo anno consecutivo la sfida con Milano. A fare la differenza è stata la piccola e media editoria, ma la formula si è dimostrata ancora vincente; perché il Salone rivendica da sempre ambizioni più profonde: non vuole essere soltanto una fiera commerciale, ma vuole presentarsi come una grande piazza europea di riflessione culturale e di trasformazione morale e civile.

È un Salone che guarda al futuro, non solo al suo ma a quello che ci aspetta; rappresentato da una giovane donna che dall’alto delle montagne mira la mole torinese. Perché in fondo siamo solo, per dirla con Bernardo di Chartres o con il recente libro di Umberto Eco, nani sulle spalle dei giganti.

Daniele Trematore

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