Tom Wolfe è morto a 87 anni: opere e biografia dell’autore

Pubblicato il 17 Maggio 2018 alle 10:46 Autore: Antonella Cariello
Tom Wolfe

Tom Wolfe è morto a 87 anni: opere e biografia dell’autore

Il 14 maggio 2018 il mondo ha dato l’addio a una delle più eminenti figure che hanno “segnato la cultura pop del nostro tempo e cambiato il giornalismo” come ha detto di lui Vittorio Zucconi. O “Lo scrittore con più talento d’America”, così lo definisce William Buckley Jr.

A Tom Wolfe dobbiamo la commedia drammatica “Il falò delle vanità” tratto dal suo omonimo romanzo e successivamente oggetto di trasposizione cinematografica nel 1990, diretta da Brian De Palma. Ancora appannaggio di Wolf la paternità del famoso epiteto “radical chic”. La sua morte ci offre occasione di ripercorrere le tappe principali della vita di questo raffinato conservatore, che consegnato al pubblico una critica satirica ma lucida della società americana del suo tempo.

Breve biografia di Tom Wolfe

È inevitabile notare, anzitutto, la rarità delle occasioni in cui Wolfe è stato fotografato con look che esulino dai suoi completi bianchi in stile old fashion. Pare che l’adozione sistematica di questo stile sia stata dettata dall’intenzione di voler fare dell’abito il garante (o forse anticamera) della sua personalità: «Mi sono detto che se indossi un abito bianco non hai bisogno di avere una personalità» avrebbe infatti dichiarato quando, dopo essersi trasferito a New York da Richmond (città della Virginia che gli dà i natali) e aver avviato la sua attività presso il New York Herald Tribune, nota che la scelta di questo abbigliamento lascia spesso di stucco chi ha di fronte. Ecco che diventa il suo marchio di fabbrica.

Tom Wolfe, una laurea in letteratura e giornalismo. Gli inizi allo Springfield Union

Wolfe si era laureato in letteratura e giornalismo alla Washington and Lee University. Come anticipato, scrive principalmente per i quotidiani, ma, in prima battuta, è reporter presso lo Springfield Union: inizierà poi la collaborazione col Washington Post, nel 1960. La sua carriera prosegue col summenzionato New York Herald Tribune. Scriverà anche per la rivista Esquire, periodico statunitense incentrato prevalentemente sulla moda maschile (Wolfe dispone di ottime conoscenze essendo anche critico d’arte). La sua scrittura è apprezzata per il colorito del linguaggio e la profonda analisi psicologica degli ambienti oggetto della sua attenzione. Ma la lunghezza e lo stile sembrano confarsi maggiormente alla rivista, più che al quotidiano. E questo tratto sarà caratteristico del nuovo tipo di giornalismo di cui Wolfe è caposcuola: una modalità innovativa, che sboccia proprio tra gli anni 60/70, il cosiddetto New Journalism.

Tom Wolfe e il New Journalism

Esso ammette la possibilità di una narrazione più romanzata, letteraria, che non si periti di ricorrere alla prima persona o all’uso di espressioni particolarmente vivaci. Anche la nostrana Oriana Fallaci ha aderito a questo nuovo modo di raccontare la notizia, come testimoniano i suoi reportage sui conflitti armati.  Tom non abbandonerà la sua New York, dalla quale continuerà a sentenziare ironicamente sul campionario umano e culturale della sua epoca, ad etichettarlo e bollarlo, mai a corto di neologismi per alcuna occasione. Il 14 maggio una polmonite e i suoi effetti postumi lo stroncano.

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La lunga carriera di Tom Wolfe

Il suo romanzo più famoso resta “Il falò delle vanità” sul quale vale la pena soffermarsi. Il titolo richiama al monito del domenicano Savonarola in cui, rivolgendosi alla borghesia, invita tutti a bruciare le proprie ricchezze in un falò a Piazza della Signoria. Wall Street negli anni 80 condivideva lo stesso tipo di attaccamento all’aspetto materialistico, tale da spingere l’autore a fare sua questa espressione e titolare così una storia ambientata a New York nello stesso periodo, dove a muovere la vicenda è il materialismo e il razzismo ancora dominanti.

La genesi del “radical chic”

Seguono A Man in Full, tradotto in Italia con “Un uomo vero” e poi il flop costituito da I Am Charlotte Simmons “Io sono Charlotte Simmons”. Meno intuitive le titolature delle opere di saggistica più note come Radical Chic & Mau-Mauing the Flak Catchers, reso in italiano con “Lo chic radicale e Mau-mauizzando i Parapalle”. Da qui,  il momento in cui il genio dell’autore partorisce l’espressione che sarà appioppata dapprima a Leonard Bernstein, (quella di radical chic), ma che in senso lato rappresenta il  novero in cui si riconducono i personaggi dell’alta società che adottano posizioni radicali e rivoluzionarie, ostentando disprezzo per il denaro e il materialismo, benché abituati a un tenore di vita tutt’altro che povero.

Ancora, The Electric Kool-Aid Acid Test, The Kandy-Kolored Tangerine-Flake Streamline Baby (che non avranno costituito un problema solo per i non-anglofoni), conosciuti da noi rispettivamente come “L’Acid Test al Rinfresko Elettriko” e “ La baby aerodinamica kolor karamella”. L’ultimo libro pubblicato risale al 2012 ed è la storia di immigrazione raccontata in Back to Blood “Le ragioni del sangue”.

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