Fernando Torres, non è stata davvero l’ultima scivolata come un torero

Pubblicato il 21 Maggio 2018 alle 08:00 Autore: Lorenzo Annis
Fernando Torres

Fernando Torres, non è stata davvero l’ultima scivolata come un torero

Fernando Torres ieri sera ha lasciato ufficialmente il suo Atletico Madrid.

Lo ha fatto nei migliore dei modi, con una doppietta e un saluto finale da brividi pieno di emozioni, tante lacrime e una promessa non detta e non scritta: non sarà mai l’ultima volta, comunque vada.

La storia fra l’Atletico Madrid e Fernando Torres non avrà mai fine

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.

Deve averlo pensato lui per primo quando undici anni fa ha lasciato a malincuore la sua squadra per sbarcare nella terra d’Albione.

Lo ha pensato in quel frangente e l’ha dimostrato nel gennaio 2015 quando è tornato dove tutto era cominciato quasi vent’anni prima.

Dopo anni difficili aveva bisogno dell’aria di casa per ripartire, casa che gli altri inquilini nel frattempo avevano trasformato in reggia.

Nemmeno il triplice fischio di Alfonso Álvarez Izquierdo ha fatto sì che questa storia terminasse, son state scritte pagine troppo importanti perché possa accadere.

LEGGI ANCHE: Fernando Torres saluta l’Atlético Madrid: da “niño” a leggenda

L’ultimo saluto di Fernando Torres

Un giocatore del genere non poteva non salutare la sua gente facendo ciò per cui è conosciuto, segnare.

Lo ha fatto ben due volte, in una partita nella quale chiunque ha provato a mandarlo in rete; ci son riusciti Correa e Diego Costa una volta per tempo, facendolo arrivare a 129 reti in gare ufficiali con la maglia dell’Atletico Madrid in 405 presenze spalmate in dieci stagioni e mezza.

Numeri importanti che lo hanno reso l’ottavo colchonero più presente nella storia, il quinto per reti segnate.

Eppure il palmares in rojiblanco è composto solamente dalla Segunda Division vinta nella stagione 2001/2002 e dall’Europa League sollevata da lui stesso solo quattro giorni fa sotto il cielo di Lione.

Questo per lui non è un problema, anzi, proprio quest’ultimo titolo lo ha additato come il più significativo della sua carriera. Il che non è male se pensiamo che è riuscito a salire addirittura fino al tetto del mondo.

Tutto questo è venuto fuori – nuovamente – in una serata un po’ surreale che non ha visto solo lacrime ma anche e soprattutto gioia e malinconia. Un mix davvero letale per i sentimenti.

Gioia nell’aver potuto assistere ad un altro spettacolo targato Fernando Torres, malinconia perché è stata l’ultima volta con quella maglia.

Il discorso finale di Fernando Torres

Voglio ringraziare la mia famiglia dell’Atletico: grazie a voi ho capito che non mi serve nessun titolo per sentirmi il giocatore più amato al mondo.”

Poche parole che però risuoneranno all’infinito. Qui dentro sta tutto l’amore del Niño per quei colori.

In una serata speciale non si possono non trovare parole per la sua famiglia, per tutte le persone più importanti, per i tifosi e per il nonno, fautore di tutto ciò:

“Mi piacerebbe ringraziare tante persone, cominciando con quelli dell’anello più in alto, a Luis Aragones, che ci insegnò tutto e questo gruppo che continua a fare la storia ed il meglio sta per venire. Inoltre mi piacerebbe menzionare mio nonno, che ha fatto il miglior regalo che si possa fare a un nipote, essere dell’Atletico”.

“Ringrazio la mia famiglia, i miei genitori, che mi mandavano da Fuenlabrada a Orcasitas e facevo i compiti in treno. Ai miei fratelli, a mia moglie che è sempre stata con me e ha appoggiato ogni mia decisione dandomi questi tre bambini che sono tre tesori e tifosi dell’Atletico per tutta la vita”.

“Grazie a tutte le persone che mi hanno insegnato come era questo calcio, ai miei compagni, al corpo tecnico e a quello medico… Tutti quelli che stanno lì. Questi tre anni e mezzo son stati magnifici, ho avuto la possibilità di tornare all’Atleti che sempre ho sognato. Sono molto orgoglioso di aver fatto parte di questo gruppo. Da tutti ho appreso qualcosa e lo stesso voi da me. Ora andate ad ottenere ciò che il calcio ci deve e che meritiamo.”

“Per ultimo a tutta la famiglia dell’Atletico. Non ho mai avuto bisogno di un titolo per sentirmi il giocatore più amato del mondo. Ho sempre pensato che nessuno avrebbe potuto darmi in cambio così tanto ringraziamento. Me ne avete dato tanto dalla prima volta che ho messo piede al Calderon. Oggi è il mio ultimo giorno. Più di quattrocento partite. E’ molto dura sapere che è la fine, mi piacerebbe ricordaste come ci sentiamo adesso. Ci chiedono perché siamo dell’Atleti, rispondiamo che loro non lo possono capire perché è difficile spiegarlo: felicità, orgoglio, i sentimenti che abbiamo, ricordatelo quando arriveranno i cattivi momenti, quando vorrebbero ci dividessimo, in quei momenti ricordate questo. Tutti siamo uno, questo è essere dell’Atletico”.

“Dico che è stato un orgoglio, un onore e un privilegio vestire questa maglia, giocare con questi giocatori che hanno dato la vita in ogni partita e a voi, di cuore, per avermi fatto sentire la persona più felice del mondo. Vi chiedo l’ultima cosa: cantiamo il nostro inno mentre facciamo il giro di campo perchè è la canzone più bella del mondo”.

Grazie Fernando Torres, da parte dei tuoi tifosi, quelli dell’Atletico, ma anche dai semplici appassionati

Ora il futuro di Torres sembra volerlo portare negli Stati Uniti.

Rientra però nella ormai stretta cerchia di giocatori riconosciuti a livello globale come leggende ed amati un po’ da tutti.

Continuerà ad essere così, anche quando appenderà definitivamente le scarpette al chiodo, anche fra cento anni ed oltre.

Chiudiamo a nostro modo questa pagina di storia dicendo solamente grazie Fernando Torres.

SEGUI IL TERMOMETRO SPORTIVO ANCHE SU FACEBOOK, TWITTER E TELEGRAM

SEGUI TERMOMETRO POLITICO SU FACEBOOK E TWITTER

PER RIMANERE AGGIORNATO ISCRIVITI AL FORUM

 

L'autore: Lorenzo Annis

Nato il 1° luglio del 1996, è nel Termometro Politico dal 2017. Scrive prevalentemente di sport dividendosi tra pallone e pedali, le sue più grandi passioni sportive.
Tutti gli articoli di Lorenzo Annis →