Carlo Cottarelli: curriculum, biografia e chi è l’economista
Carlo Cottarelli: curriculum, biografia e chi è l’economista.
Carlo Cottarelli biografia: il curriculum del “tecnico”
Tra i nomi dei premier “tecnici” in lizza per un posto prima dell’accordo giallo-verde, spiccava quello di Carlo Cottarelli. Lunedì 28 maggio salì addirittura al Quirinale per essere ricevuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Alla fine sappiamo tutti com’è andata, con Giuseppe Conte che, dopo una prima rinuncia, è tornato in auge e guida tutt’oggi il governo Lega-M5S. Ma in tutto questo tempo Carlo Cottarelli cos’ha fatto? In caso di crisi c’è chi fa il suo nome come possibile futuro “Mario Monti il ritorno”.
Ne è convinto Guido Crosetto, coordinatore FdI, che ha analizzato un tweet di Mr. Spending Review a proposito della sua apparizione a Che Tempo Che Fa sulla Rai in contemporanea con il derby Inter-Milan. Secondo il politico, infatti, Cottarelli starebbe cambiando pelle, cercando di risultare più popolare (almeno sui social) per prepararsi a un eventuale incarico futuro qualora in futuro il governo giallo-verde dovesse cadere.
Notate la differenza tra i tweet di Cottarelli di qualche mese fa e questi. Fa parte di una strategia di comunicazione, come le comparsate da Fazio, per creare un’immagine più popolare e meno tecnica. Si sta costruendo a tavolino il futuro Monti. https://t.co/384OeQI39e
— Guido Crosetto (@GuidoCrosetto) 22 ottobre 2018
Ma andiamo a vedere chi è Carlo Cottarelli, la sua carriera e le sue idee.
Chi è Carlo Cottarelli: la biografia
Carlo Cottarelli nasce a Cremona nel 1954; dopo aver conseguito la laurea in Scienze Economiche e Bancarie all’Università di Siena e un master in Economia alla London School of Economics, inizia a lavorare nel Servizio Studi della Banca d’Italia e dell’Eni. Sul finire degli anni Ottanta entra a lavorare nel Fondo Monetario Internazionale, operando in particolar modo per il Dipartimento europeo, quello Monetario, il Dipartimento degli Affari Fiscali, nonché quello sulla Strategia, Politica e Revisione.
Tra i principali fautori della rivista del FMI, Fiscal Monitor, la sua carriera prende una nuova svolta nel novembre 2013. In quell’anno il governo Letta lo convoca per fargli ricoprire il ruolo di Commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica, nota anche come spending review. Dopo appena un anno, il governo Renzi lo nomina direttore esecutivo nel Board del FMI. Dall’ottobre del 2017 dirige l’Osservatorio sui Conti Pubblici italiani.
Carlo Cottarelli e i problemi dell’economia italiana
Proprio al suo Osservatorio si deve il prospetto delle spese necessarie ad attuare le misure proposte dal governo giallo-verde. Una grafica che è diventata ben presto virale, sbandierata soprattutto dai detrattori del possibile esecutivo Lega-M5S. Ma certamente si tratta di dati incontrovertibili, che non potevano non contrastare con quanto (non) era scritto nel testo del contratto di governo. Con le coperture mancanti e alcuni passaggi approssimativi, i numeri li si è andati a trovare proprio in quella grafica. Ma Cottarelli sa quali sono i problemi dell’Italia, come ha scritto nel suo ultimo libro (“I sette peccati capitali dell’economia italiana”). Non Berlino, né Bruxelles: piuttosto bisogna guardare in casa nostra.
Prima di tutto la corruzione e l’evasione fiscale, ma soprattutto la burocrazia, una macchina lenta, chiusa e farraginosa con la quale si scontrò (perdendo) quando era alla Spending Review. Sotto questo aspetto bisognerebbe invece limare e limitare la burocrazia, che rallenta troppo la crescita del Paese, assieme al divario profondo tra Nord e Sud, senza dimenticare il crollo demografico e i movimenti altrettanto lenti e farraginosi di quel meccanismo chiamato Giustizia.
Carlo Cottarelli e l’Europa
E poi c’è l’Europa. Quella su cui molti stanno già puntando il dito contro. Cottarelli ha sempre dichiarato che uscire dall’Unione europea sarebbe un grosso errore, ma non ha usato sempre parole al miele per Bruxelles. In un’intervista a Linkiesta confessò anche che l’aver smesso di crescere era anche colpa dell’euro. E poi, qualche mese più tardi, affermò che se la Germania avesse fatto una politica di bilancio pubblico meno restrittiva e più espansiva avrebbe aiutato tutta l’Europa. Ma la permanenza o meno nell’euro, alla fine della fiera, non cambierebbe le carte in tavola per il Paese. Il problema è sempre uno e si chiama debito pubblico. “Saremo meno schiavi dei mercati se avessimo un debito pubblico più basso”, ha affermato Cottarelli.
Infine a inizio maggio raccontava in una intervista a LiberoQuotidiano: “Le preoccupazioni dell’Europa sono legittime, ma io non credo che nell’immediato ci sia da preoccuparsi per l’assenza di governo; o per gli sviluppi politici incerti. Non siamo nel 2011, con lo spread che incombe. E non è vero che l’Europa preme per un governo di tecnici, come invece faceva allora”.