“Non si può pensare che l’Eni abbandoni uno dei territori più infrastrutturali d’Italia, che per giunta sta in Sicilia, una regione che di solito si dice manchi di infrastrutture e di possibilità”. Rifiuta ogni possibile ipotesi di chiusura e ridimensionamento dello stabilimento Eni di Gela la leader della Cgil Susanna Camusso. “A Gela una soluzione è possibile. Non siamo di fronte ad un’azienda in difficoltà”, ha precisato la numero uno della Cgil intervenendo alla manifestazione in occasione dello sciopero in difesa della continuità produttiva della raffineria dell’Eni del centro siciliano. “Per il bene del Paese, può decidere di non distribuire dividendi e di investire invece le risorse guardando in prospettiva. Se si vogliono fare scelte di investimenti innovativi, penso al bio-fuel, queste si affiancano non si sostituiscono alla raffineria”, ha continuato Camusso. In ballo 3.500 posti di lavoro, che rischiano di essere cancellati da progetti di ridimensionamento e contenimento dei costi al vaglio dell’azienda.
Alla domanda se c’è il rischio che Gela possa trasformarsi in un’altra Termini Imerese, Susanna Camusso ha ribadito: “Termini Imerese, sia per la Regione Sicilia, sia per il ministero dello sviluppo economico, rappresenta l’incapacità di dare attuazione a un progetto di re-industrializzazione tante volte annunciato”. “Questo – ha aggiunto – significa non avere un’idea di cosa farà questo Paese. L’industria è stata ampiamente ridimensionata. Ormai siamo più vicini alla soglia critica che alla tranquillità di rimanere il secondo paese industriale d’Europa”, ha continuato la leader della Cgil. “Da Gela parte una richiesta precisa: mettere al primo posto il bisogno di difendere con le unghie e coi denti il lavoro che c’è e di crearne dell’altro”, ha detto la Camusso facendo appello al governo centrale. “Non esiste un’idea di ripresa in questo Paese se non si parte dal lavoro”, ha concludo Camusso.
Carmela Adinolfi