Gaza: le violenze contro l’opposizione in Israele
L’Onu ha chiesto una tregua immediata a Gaza. Barack Obama ha telefonato al premier israeliano Benjamin Netanyahu per chiedere “un cessate il fuoco umanitario immediato e incondizionato”. Anche in Israele parte dell’opinione pubblica vuole un interruzione delle azioni militari. E proprio per questo spesso finisce con l’essere vittima di violenza. Lo ha raccontato Haaretz, storico quotidiano della sinistra israeliana.
In Israele la maggior parte della popolazione è a favore dell’azione militare voluta dal governo Netanyahu. Un sondaggio pubblicato dallo Jerusalem Post mostra come l’86,5 per cento degli israeliani non sia a favore di un cessate il fuoco: “Hamas continua a tirare missili, non si è arresa, non sono stati trovati tutti i tunnel”, e dunque l’esercito deve andare avanti. Meno del 10 per cento della popolazione invece crede che sia ora di fermarsi, che gli obiettivi sono stati raggiunti e che Tel Aviv ha pagato un prezzo di sangue già elevato.
La minoranza che si oppone alla guerra in Israele non è solo nettamente inferiore nei numeri: è anche sempre più spesso oggetto di accuse, minacce e aggressioni. Venerdì scorso, due palestinesi sono stati gravemente feriti. Ad aggredirli è stato un gruppetto di estremisti israeliani. Con un editoriale, il quotidiano Haaretz si è rivolto direttamente al primo ministro: “Netanyahu deve esprimersi contro il crescente numero di attacchi ai danni degli arabi e delle persone di sinistra che si oppongono alle guerre”.
Photo by Ron Almong – CC BY 2.0
Haaretz sottolinea come l’operazione militare a Gaza stia facendo passare sotto silenzio le aggressioni condotte da parte di estremisti di destra. Settimane di tensione altissima – dal rapimento e l’uccisione dei tre adolescenti israeliani fino all’inizio dell’operazione militare a Gaza – hanno messo allo scoperto i nervi di un intero popolo. La violenza da verbale in alcuni casi è diventata fisica. E dalle pagine di internet si è trasferita nelle strade, dove gruppi di estremisti decidono di farsi giustizia da soli “punendo coloro che non sono leali nei confronti dello Stato di Israele”.
Haaretz da giorni scrive che la paura di criticare e protestare potrebbe diffondersi tra coloro che in Israele non sostengono le azioni militari. Artisti, intellettuali, giornalisti ma anche semplici cittadini sono oggetto di accuse e scherno sui social network. La spaccatura all’interno della società israeliana potrebbe essere profonda e difficile da rimarginare.
Il quotidiano teme gli effetti di una deriva violenta. L’assassinio di Mohammed Abu Khdeir, il giovane palestinese rapito e bruciato vivo da un gruppo di nazionalisti israeliani, è “parte di un’ondata di violenza che sta diventando la norma”, dove per gli arabi l’unica colpa è proprio questa: essere arabi.
“Il primo ministro Netanyahu deve parlare” conclude Haaretz nel suo editoriale, “deve fermare il declino morale e legale nel quale sta scivolando la società israeliana. Se non parlerà, non potrà lavarsene le mani se e quando accadrà una nuova tragedia”.
Immagine in evidenza: photo by Daniel Bornman – CC BY 2.0