A fine gennaio 2022 arriverà a scadenza naturale il mandato settennale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, eletto il 31 gennaio 2015 “dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri” e dai delegati regionali al quarto scrutinio. Il toto-nomi per il dopo Mattarella agita già la politica italiana, tanto nelle segrete stanze dei partiti quanto nel mondo della comunicazione pubblica.
Scopriamo come avviene l’elezione del Presidente della Repubblica e le possibili ipotesi oggi sul campo.
Come avviene l’elezione del Presidente della Repubblica?
La Parte seconda della Costituzione è molto chiara sul punto. Ai sensi dell’art. 83 della Cost. è il Parlamento, in seduta comune dei suoi membri, e con la partecipazione dei delegati regionali, ad eleggere il Presidente della Repubblica. L’elezione ha luogo con scrutinio segreto.
Nei primi scrutini, per l’elezione, è necessaria una maggioranza qualificata: i 2/3 dell’assemblea. Dal terzo scrutinio è, invece, sufficiente la maggioranza assoluta (la metà più uno dei votanti).
Attualmente gli elettori del Presidente della Repubblica dovrebbero essere poco più di 1000 (1009), 58 i delegati regionali.
Anche sulle tempistiche dell’elezione non paiono esserci grossi problemi. Mattarella potrebbe annunciare le sue dimissioni poco dopo il messaggio di fine anno, il 31 gennaio del 2021. A quel punto partirebbe l’iter che potrebbe portare, già nei primi giorni di febbraio, il Parlamento a riunirsi in seduta comune e con la presenza dei delegati regionali.
I requisiti per essere eletti Presidente della Repubblica
Ai sensi dell’art. 84 della Cost. può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici.
Il precedente Napolitano e l’ipotesi Mattarella-bis
Mattarella lo ha ripetuto con insistenza nelle ultime settimane: non è disposto a perpetuare l’impegno gravoso di Presidente della Repubblica. “Tra otto mesi il mio mandato di presidente termina. Io sono vecchio, tra qualche mese potrò riposarmi”, ha ribadito proprio recentemente visitando una scuola romana. Se sia un reale convincimento del Presidente o un monito ai partiti affinché trovino al più presto un nuovo inquilino per il Palazzo del Quirinale lo diranno solo i prossimi mesi.
Ai più, però, non appare una chiusura definitiva alla ipotesi di un Mattarella-bis. Anche Giorgio Napolitano, il primo Presidente della Repubblica ad essere rieletto, durante l’ultimo anno del suo primo mandato, più volte aveva segnalato la sua ferma intenzione contraria a una eventuale riconferma. Nonostante ciò, alla incapacità dei partiti di convergere sul nome del suo successore seguì proprio la riconferma di Napolitano: rieletto nel 2013 al VI scrutinio, avrebbe rassegnato le dimissioni nel gennaio 2015.
L’ipotesi di reiterate la prassi della rielezione del presidente della Repubblica agita, tuttavia, non poco i costituzionalisti. Molti già si espressero contro la rielezione di Napolitano: Gustavo Zagrebelsky la definì “incredibile”. E già il Presidente Antonio Segni avrebbe voluto che si introducesse in Costituzione la non rieleggibilità, quanto meno immediata, del Presidente della Repubblica. Il Presidente Carlo Azeglio Ciampi rifiutò, invece, la proposta avanzatagli dai partiti che avrebbero voluto rieleggerlo.
Il toto-nomi per il dopo Mattarella: Draghi al Quirinale e Brunetta a Chigi
L’ipotesi più accreditata era – e probabilmente è ancora – quella di Mario Draghi tredicesimo Presidente della Repubblica. L’elezione dell’attuale Presidente del Consiglio a Presidente della Repubblica, avanzata, velatamente o meno, già da alcuni esponenti politici di punta, potrebbe però trovare un intoppo.
L’elezione di Draghi, infatti, porterebbe alla ‘caduta’ dell’attuale governo. I partiti dovrebbero convergere su un nuovo nome per la Presidenza del Consiglio. Ma l’assenza di Draghi dal Governo potrebbe addirittura far venire meno il collante che tiene insieme l’attuale maggioranza, segnando nell’ipotesi più estrema la fine anticipata della legislatura e nuove elezioni.
Se comunque Draghi dovesse essere eletto a far da supplente dovrebbe essere il Vice Presidente del Consiglio, figura non prevista nell’attuale compagine di Governo. Il compito spetterebbe allora al Ministro più anziano: Renato Brunetta, settantunenne dal 26 maggio. Secondo l’autorevole opinione di Sabino Cassese, a quel punto Brunetta dovrebbe, per cortesia istituzionale, rimettere il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica, Draghi. Il neo Presidente della Repubblica dovrebbe allora procedere alle consultazioni per verificare se vi sia ancora una maggioranza parlamentare in grado di esprimere quello che sarebbe il quarto governo della XVIII legislatura.
Per conservare l’attuale maggioranza si potrebbe puntare, per Palazzo Chigi, ai nomi del Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco o della Ministra della Giustizia Marta Cartabia.
Il toto-nomi per il dopo Mattarella: gli altri nomi in campo
Dalla non elezione di Draghi a Presidente della Repubblica il più svantaggiato potrebbe essere lo stesso Draghi. A quel punto si troverebbe in totale balìa del corso politico e della imminente campagna elettorale, privo anche di un sostegno partitico e di proprie truppe parlamentari.
Se dovesse andare realmente così tra i papabili nomi per la salita al Colle vi è quello della attuale Guardasigilli Marta Cartabia. Ipotesi questa che non troverebbe grossi ostacoli neanche tra i partiti.
Circolano anche i nomi degli stessi Cassese e Zagrebelsky. E tra quelli più politici i nomi di Emma Bonino, Walter Veltroni, David Sassoli, Gianni Letta, Marcello Pera, Pier Ferdinando Casini.
I fattori da considerare
Grazie anche al voto segreto, in un Parlamento che si avvia a una riduzione drastica del numero dei suoi seggi, a seguito del referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, poche potranno essere le pressioni dei partiti sugli elettori del Presidente della Repubblica. La convergenza sui nomi potrebbe essere molto difficile. E, specie dal terzo scrutinio, quando sarà sufficiente la maggioranza assoluta per l’elezione, le sorprese potrebbero essere tante.
Inoltre: al voto parteciperanno i delegati regionali (tre per ogni regione, in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze e uno per la Valle d’Aosta). Il centro-destra, che attualmente governa la gran parte delle regioni italiane, vedrà incrementare di un nutrito gruppo la sua schiera di parlamentari. Trovare un accordo, con M5S e centro-sinistra che avranno quasi lo stesso numero di elettori del centro-destra, non sarà facile, specie sui nomi più divisivi.