Legge Bossi-Fini sull’immigrazione: cosa stabilisce, perché si vuole abolire
Mentre impazza la vicenda della nave Acquarius, occorre forse fare un po’ di chiarezza in tema di politiche migratorie. Il faro in Italia è la Bossi-Fini; varata dal secondo governo Berlusconi, in sostituzione della Turco-Napolitano del 1998. La legge n. 189 del 30 luglio 2002 porta i nomi dei primi firmatari, Umberto Bossi (Ministro delle Riforme Istituzionali)-Gianfranco Fini (Vicepresidente del Consiglio).
Riguarda i migranti ‘economici’, persone alla ricerca di una vita migliore. Da non confondere mai con i richiedenti asilo; coloro i quali scappano dal proprio paese per guerra o persecuzione politica e religiosa; la ‘categoria’ di migranti per cui è in atto un duro scontro tra gli stati membri UE sulla riforma del Trattato di Dublino.
Al netto di come le autorità distinguano gli uni dagli altri, all’architettura giuridica sul tema va aggiunto il cosiddetto ‘decreto sicurezza’; pacchetto varato dal terzo Governo Berlusconi nel 2009 con la ‘benedizione’ di Roberto Maroni (Capo del Viminale) e Angelino Alfano (Guardasigilli), che ha introdotto in Italia il ‘reato di clandestinità’; punito attraverso una pena pecuniaria e la ‘conferma’ del decreto di espulsione già emesso per via amministrativa.
Innanzitutto, la legge all’epoca ha previsto una sanatoria per colf, badanti e disabili che portò alla regolarizzazione di circa mezzo milione di stranieri. L’intento principale della Bossi-Fini però resta quello di evitare gli sbarchi mettendo in campo alcuni strumenti di deterrenza, tra cui l’utilizzo di navi della Martina Militare italiana per contrastare il traffico di clandestini.
Legge Bossi-Fini sull’immigrazione: i punti cardine
La Bossi-Fini ha anche reso possibili i respingimenti in mare verso i paesi di origine, sulla base di accordi bilaterali tra gli stati ‘interessati’. Celebre quello di Berlusconi con la Libia di Gheddafi, punto di passaggio quasi imprescindibile per le rotte verso l’Italia. L’ultimo, invece, risale al governo Gentiloni, con la mediazione dell’ex Ministro dell’Interno Minniti. Entrambi hanno puntato al pattugliamento delle coste libiche, coordinato dalle autorità italiane, con buoni risultati in merito alla diminuzione degli sbarchi.
Il cuore della legge Bossi-Fini, comunque, resta la politica su ingressi e permessi di soggiorno; il cittadino straniero che vuole entrare o è già presente in Italia, può risiedervi solo se in possesso di un contratto di lavoro. Quindi, soltanto se dimostra di avere un reddito con cui mantenersi. Il permesso di soggiorno dura due anni per i rapporti a tempo determinato; tre per quelli a tempo indeterminato.
Chi lo richiede o lo rinnova deve necessariamente rilasciare le proprie impronte digitali alle autorità. Per chi invece viene beccato senza, c’è l’espulsione immediata. Solo coloro che non posseggono nessun documento vengono trasferiti in un Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) per sessanta giorni, prima dell’ok all’obbligo coatto di lasciare il paese. Nessuna seconda possibilità; agli stranieri che rientrano senza permesso di soggiorno toccherebbe direttamente il carcere.
Più paletti anche per i ricongiungimenti familiari; la richiesta di essere raggiunto da un coniuge o dai figli è possibile solo se essi siano effettivamente a carico del richiedente o in condizione di indigenza economica. Ultimo punto, i rigidi controlli sui falsi matrimoni; uno straniero/a e un/a cittadino/a italiano/a che convolano a nozze devono convivere sotto lo stesso tetto. Altrimenti, per il primo, addio permesso di soggiorno.
Legge Bossi-Fini: le motivazioni di chi e perché vuole abolirla
Tanti i pezzi di società italiana che ritengono non idonea la Bossi-Fini (partiti di sinistra, radicali, mondo dell’associazionismo). Soprattutto per quanto riguardo l’immediato status di irregolare che va a ricadere sullo straniero entrato in Italia; che ne renderebbe complicata la prospettiva di un futuro migliore, senza che gli sia concesso un po’ di tempo per cercare un lavoro o sistemarsi.
Inoltre, la Bossi-Fini, così com’è, dicono i detrattori, non tiene conto del fatto che la questione migratoria oggi sia in realtà un processo storico in atto, conseguenza di una forte destabilizzazione di alcune aree del pianeta.
Giancarlo Manzi