Influenza aviaria 2018: epidemia mortale dalla Cina, sintomi e rischi
Influenza aviaria 2018: epidemia mortale dalla Cina, sintomi e rischi
Grande preoccupazione anche in Italia per l’allarme aviaria. Infatti dalla Cina è in corso di diffusione un virus che rischia di diventare letale per il 38% di coloro che vengono colpiti. Le autorità sanitarie di tutte il mondo, comprese quelle del nostro Paese, stanno iniziando a correre ai ripari adottando le dovute contromisure. Di cosa si tratta? Il virus prende il nome di H7N9: si diffonde dai polli e potrebbe raggiungere livelli molto alti di diffusione. Addirittura c’è chi parla di un livello pandemica paragonabile a quello della influenza spagnola che costò la vita a circa 50 milioni in tutto il mondo un secolo fa.
Influenza aviaria, il numero dei casi accertati
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha espresso apprensione per le dimensioni che potrebbe raggiungere il virus. In Cina, dove è localizzato il focolaio, al momento si contano ben 1625 casi accertati e 623 morti. Il problema assume un rilievo internazionale. Infatti la testata Telegraph riporta come le autorità britanniche siano già attive e sensibili al tema. Come si trasmette il virus? H7N9 è trasmissibile dai polli all’uomo. Secondo le informazioni disponibili il virus non sarebbe trasmissibile da uomo a uomo. C’è un altro aspetto preoccupante che riguarda la capacità di adattamento e trasmissione dello stesso virus. Perché da quando è stato identificato per la prima volta, alla fine del 2013, il virus è mutato già tre volte e potrebbe farlo ancora, col rischio di sviluppare una nuova capacità di adattamento e trasmissione.
Influenza aviaria, preoccupazione OMS
Il virus di cui si parla, l’H7N9, è un virus appartenente alla stessa famiglia dell’H5N1. La famiglia è la stessa dell’influenza aviaria che nel 2003 si diffuse in tutto il mondo, causando centinaia di vittime. Per gli esperti il virus già presente Cina può causare influenze e violente polmoniti, colpisce soprattutto donne incinte, anziani e bambini. Ciò a conferma di un potenziale decisamente più pericoloso. Jonathan Quick, già consulente e direttore dell’OMS, ha Se da un lato preoccupa l’incidenza delle morti in proporzione ai casi accertati, dall’altro dobbiamo stare attenti alla sua trasmissione sia per quanto riguarda gli spostamenti in tutto il mondo, sia per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie dei singoli centri abitati».
Influenza aviaria, le aree più a rischio in Veneto
La Regione Veneto si è attivata per individuare, in accordo con tutti i protagonisti del settore, le misure utili a intervenire contro l’influenza aviaria. principalmente mirate alla prevenzione. L’assessore alla Sanità ha incontrato i responsabili dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie – IZS – i tecnici regionali di settore, i rappresentanti della filiera avicola e delle associazioni di categoria e i professionisti veterinari che seguono la situazione sia nell’ambito delle grandi aziende, sia in quello degli allevamenti biologici. ‘Abbiamo sottoposto agli operatori di settore alcune proposte operative con l’accordo che vengano valutate da ognuno; facendo seguire indicazioni ritenute utili alla stesura del provvedimento finale. Ci siamo già dati appuntamento per giovedì prossimo, giorno in cui mi auguro si possa arrivare alla definizione del tutto’. Le aree venete a più elevata intensità di allevamenti sono il veronese, il basso vicentino e il padovano.
Influenza aviaria, tre milioni di capi abbattuti
‘È allo studio con Veneto ed Emilia-Romagna un protocollo comune per la gestione dell’aviaria – fanno sapere dalla Regione Lombardia. Perché è necessaria una azione condivisa per gestire la crisi in maniera rapida, uniforme e omogenea’. Nel corso del 2017 e primi mesi del 2018 infatti il comparto avicolo lombardo è stato interessato da una importante epidemia di influenza aviaria ad alta patogenicità con ingenti ripercussioni sanitarie ed economiche. Tali focolai hanno interessato prevalentemente le zona ad alta densità zootecnica avicola, in particolare la provincia di Brescia, Cremona, Mantova e Bergamo, con tre milioni di capi abbattuti, spiegano dalla Regione.