“Mi sto giocando la partita della vita. Io sto facendo una riforma, altri stanno solo distruggendo il Parlamento sotto gli occhi degli italiani. E a questo punto, siccome a me non interessa giocare a chi la dura la vince, ma mi interessa il metodo, non posso fare altro che andare avanti. Fino a settembre… e anche a ottobre, purché riforma sia“. Il premier Renzi non ha nessuna intenzione di cedere il passo alle opposizioni. Lo smacco di Sel e il “gran rifiuto” al ritiro degli emendamenti sono stati una doccia fredda per il Presidente del Consiglio. Aveva cercato la mediazione, era sceso a compromessi. Dopo la giornata tormentata di ieri ora il Premier chiude ogni spiraglio al dialogo e agita lo spauracchio di elezioni anticipate per spaventare la minoranze. “Siamo già venuti incontro, pronti a spostare di una settimana il voto e quelli lì hanno risposto dicendo che avrebbero mantenuto tutti gli emendamenti. Di che parliamo”, sbotta Renzi con i suoi. “Ora finalmente è chiaro chi è contro le riforme”, spiega il segretario Pd che aggiunge: “Io non posso mollare. Se pensano che io abbia paura di loro hanno sbagliato persona. Ci metterò una settimana in più, ma otterrò la riforma”, ribadisce.
Il responsabile del gran rifiuto è Sel. Il partito di Nichi Vendola, fino alla tarda mattinata di ieri, si era detto favorevole alla proposta di revisione del calendario di discussione dell’aula, avanzata dalla minoranza dem guidata dal senatore dissidente Vannino Chiti. I tasselli del puzzle sembravano essersi definitivamente incastrati. Uno slittamento, quello del voto definitivo al 2 settembre, tutto sommato accettabile anche per Matteo Renzi. Poi la discussione si è spostata in aula, a Palazzo Madama, dove si è consumato l’inaspettato dietrofront di Vendola e dei fedelissimi. “Se avessero voluto trattare veramente si sarebbero comportati in un alto modo. Invece non vogliono mediare”, ha dichiarato Nicola Fratoianni, numero due di Sel.
Insomma, una resa dei conti in cui il premier non è disposto a cedere. Al no sulle riforme di Sel, il segretario Pd ha risposto avanzando una scissione definitiva. “Mai più ad alleanze con i frenatori”, ha fatto sapere Renzi tramite il fidato Luca Lotti. “Se si rompe il rapporto, il Pd andrà alle regionali senza Sel, e anche le primarie per le candidature delle prossime elezioni saranno senza Sel”, avrebbe confidato il premier ai suoi. “Se pensano di ricattarmi, si sbagliano – ha ribadito furioso il premier – sette senatori non possono imporre alla maggioranza la linea”, ha concluso Renzi. Al premier ha risposto indirettamente il leader di Sel, Nichi Vendola, intervistato da Repubblica. “Noi non siamo ricattatori, ma soprattutto noi non siamo ricattabili. Governiamo bene città e regioni. Il nostro partito è impegnato nella costruzione di coalizioni vincenti nelle regioni in cui si va al voto. Se è una minaccia è irricevibile, se è una argomentazione è incomprensibile”. “La verità – conclude Vendola – è che il presidente del Consiglio non vuole la mediazione, vuole la resa”.
Carmela Adinolfi