Perché ogni uomo sia uomo. Anche Salvini, come la Kyenge – DAL BLOG

Pubblicato il 18 Giugno 2018 alle 15:43 Autore: Piotr Zygulski
uomini e no, copertina dell'Espresso con Marco Damilano che ne regge una copia con Salvini

Perché ogni uomo sia uomo. Anche Salvini, come la Kyenge

Un noto settimanale titola in copertina che Salvini non è un uomo. Avrebbe la medesima libertà di dire ad esempio che anche un parlamentare italiano nato in Nigeria come Toni Iwobi, sostenitore della politica migratoria di Salvini, non sarebbe un uomo? Oppure che una ex ministra che sosteneva la sostituzione di padre/madre con genitore 1 e genitore 2, non sarebbe una donna, senza perdere processi per diffamazione?

Questa è la provocazione che abbiamo lanciato dalla pagina facebook di Nipoti di Maritain. Altre domande poi mi sono state poste: è giustizia quella che dipende da chi fa il crimine? Quindi se è razzismo verso i bianchi non è punibile? Se il crimine è commesso contro un leader politico bianco è tollerabile? Dipende da chi lo fa e chi lo riceve?

Chi diffamò la Kyenge è stato condannato

Cécile Kyenge ha vinto tre processi nei quali sono stati condannati per diffamazione con aggravante di discriminazione razziale:

  1. Paolo Serafini, allora consigliere circoscrizionale indipendente di San Giuseppe – Santa Chiara (Trento), 2500€ di ammenda per aver invitato la ex ministra a “tornarsene nella giungla”. In quel caso la Cassazione lo scorso febbraio ha condannato definitivamente l’«attacco inutilmente umiliante nei confronti di quest’ultima ed inutilmente denigratorio della sua dignità, intesa come percezione, innanzitutto, della propria dimensione umana, e della sua reputazione».
  2. Fabio Rainieri, già deputato leghista, nel gennaio 2015 condannato in primo grado dal Tribunale di Roma a 1 anno e 3 mesi e risarcimento di 150.000€ per aver creato un fotomontaggio dell’ex ministra con un volto da scimmia. Salvini commentò: «Alla faccia della Libertà di Satira! Neanche a un ladro o a uno spacciatore danno una condanna così, pazzesco»
  3. Mario Borghezio, eurodeputato della Lega, sanzionato nel maggio del 2017 dal Tribunale di Milano con una multa di 1.000€ e risarcimento di 58.000€ alla Kyenge per aver detto che «gli africani sono africani e appartengono a una etnia molto diversa dalla nostra […] Kyenge fa il medico, le abbiamo dato un posto alla Asl che è stato tolto a un medico italiano» e accusandola di voler portare in Italia «tradizioni tribali, il bonga bonga». Borghezio comunica di averne già versati 28.000 per evitare il pignoramento dei suoi beni.

Cos’è giuridicamente la diffamazione

Se l’ingiuria è l’offesa dell’onore o del decoro di una persona presente, la diffamazione avviene in sua assenza, comunicando con più persone. Pene raddoppiate se la si accusa di un fatto determinato, o se si offende un’istituzione, o se si diffonde a mezzo stampa (incluso internet), rendendo condannabili anche direttore, editore e stampatore. Sia per l’ingiuria, sia per la diffamazione, se le offese sono reciproche o se il fatto è commesso «nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso» non è punibile.

Inoltre la punibilità è esclusa se si stanno esercitando i diritti (di rilevanza costituzionale) di cronaca, di critica o di satira, entro gli specifici limiti di ciascuno. Esercitando il diritto di cronaca è necessario riportare la realtà nel modo più oggettivo possibile; quello di critica, pur non sottostando al requisito della verità, esclude comunque la gratuita aggressione distruttiva della reputazione. Per la satira invece, ai fini della denuncia sociale, sono ammesse «espressioni […] esagerate rispetto ai normali parametri di valutazione degli esseri e delle cose umane, così da suscitare stupore, ironia, riso in colui che legge o ascolta»; mai però è ammesso un insulto gratuito alla persona in quanto tale, calpestandone i valori fondamentali della vita con accostamenti ripugnanti.

In assenza dell’esercizio di questi diritti, la notorietà o la verità della cosa infamante, a meno che entrambi non si accordino presso un giurì d’onore, non evita la condanna. La denuncia deve essere presentata dalla persona offesa entro 3 mesi dal momento in cui si viene a conoscere. Capitolo a parte per il risarcimento in sede civile; anche senza denuncia, la persona offesa può andare dal giudice civile, affinché quantifichi i danni (non necessariamente economici) che l’altro gli ha causato e che deve rimborsargli.

Uomini e no

La copertina del settimanale ha ripreso il titolo di un romanzo di Elio Vittorini sulla Resistenza partigiana: Uomini e no. Il libro, che ruota attorno al senso dell’umano, ha ricevuto critiche anche per quel titolo, interpretato dallo storico Claudio Pavone come una separazione altezzosa, ai confini del razzismo, tra i partigiani (uomini) e i repubblichini di Salò (non uomini). Ad ogni modo non contiene alcuna diffamazione nei confronti di persone specifiche; può essere letta anche come una riflessione sulla compresenza degli aspetti di umanità e disumanità presenti nell’uomo.

Uomini e no: voi da che parte state? Marco Damilano presenta il nuovo numero #domenicaEspresso https://t.co/5TkgHjBTWM pic.twitter.com/t7WrHPBZcx— L’Espresso (@espressonline) June 15, 2018

Satira o diffamazione?

La copertina invece sembra indicare chiaramente un contrasto tra uomini (il sindacalista italoivoriano Aboubakar Soumahoro, “nuovo idolo della sinistra”) e no (Salvini). Di fatto, pur volendo prestarsi ad una denuncia sociale della politica migratoria del Ministro degli Interni, suggerisce la non appartenenza al genere umano della stessa persona Matteo Salvini, come altre due vignette che circolano online questi giorni.

La prima è di Vauro, che descrive Salvini come un porco; si commenta da sola.

vignetta salvini vauro uomo maiale

La seconda gira su Twitter e segnala la non appartenenza alla razza umana del teschio che afferma “Perché non li prendi a casa tua?”. Sottintesi, ovviamente, gli immigrati. Tuttavia in questo caso non vi è riferimento esplicito ad una persona, e quindi non è direttamente riconducibile a Salvini, quanto piuttosto ad un “tipo umano” che ragiona in quel modo, considerato “non umano”.

vignetta twitter techi salvini uomini

Se sia entro i limiti (molto ampi) della satira o scada nell’insulto gratuito o disumanizzante, ciascuno potrà farsi la propria idea; nel caso, spetterà ad un giudice. Come talvolta può essere opportuno un richiamo a “restare umani”, lo stesso invito va rivolto a chi accusa gli altri di non essere umani. Con Davide Penna e Federico Rovea, per il nostro blog, anche io ho provato a farlo, da prospettive differenti, ma in modo umano.

L’uomo, nonostante tutte le malvagità, sia sempre uomo

Giuridicamente anche il razzismo “al contrario” di una persona di colore verso un “viso pallido” sarebbe punibile; non valgono scuse per eventi remoti come la schiavitù dei negroes negli Stati Uniti d’America a giustificare un reato. Per la legge, dire che Salvini non è un uomo o che la Kyenge non è una donna, è esattamente lo stesso; bisogna vedere tuttavia se nei rispettivi casi è un’offesa gratuita (es. per la Kyenge) o si sta esercitando un diritto di satira politica. La vendetta soprattutto per interposta persona – del tipo: se lo merita, perché i leghisti avevano fatto lo stesso alla Kyenge – non è certamente causa di non punibilità. A prescindere dall’eventuale denuncia per diffamazione che Salvini deciderà se sporgere nei confronti dei responsabili della copertina, siamo invitati a riflettere sulle nostre parole. Rimuovere il volto umano all’avversario politico o militare è quello che insegnano a chi va a fare la guerra: il nemico è un ratto di fogna, una bestia immonda, una merda. Quello è il primo passo per convincere un uomo, che altrimenti non sarebbe mai in grado di uccidere, a premere quel grilletto, dritto al cuore della persona che ha di fronte. Il dibattito sulla natura umana è immenso; chi la ritiene una costruzione sociale, chi un’essenza inviolabile, buona o cattiva. Rimanderei ad altra sede questo approfondimento. Ad ogni modo, possiamo uscirne, evitando strade che portano a calpestare uomini e donne? Lascerei rispondere a Raffaele Dobellini, redattore di Nipoti di Maritain:

Dire “non è uomo” è sempre offensivo. Dire “non è umano” è diverso. In napoletano si dice “fà l’omm” nel senso di dire “fa la persona seria”. In napoletano “nun è omm” invece significa è effeminato. Quindi è sempre bene evitare di dire “non è uomo”. Preferibile “non si comporta da essere umano” o “non è umano” o “non ha umanità”.

Piotr Zygulski per il blog Nipoti di Maritain

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L'autore: Piotr Zygulski

Piotr Zygulski (Genova, 1993) è giornalista pubblicista. È autore di monografie sui pensatori post-marxisti Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa, oltre a pubblicazioni in ambito teologico. Nel 2016 si è laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Genova, proseguendo gli studi magistrali in Filosofia all'Università di Perugia e all'Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), discutendo una tesi su una lettura trinitaria dell'attualismo di Giovanni Gentile. Attualmente è dottorando all'Istituto Universitario Sophia in Escatologia, con uno sguardo sulla teologia islamica sciita, in collaborazione con il Risalat Institute di Qom, in Iran. Dal 2016 dirige la rivista di dibattito ecclesiale Nipoti di Maritain. Interessato da sempre alla politica e ai suoi rapporti con l’economia e con la filosofia, fa parte di Termometro Politico dal 2014, specializzandosi in sistemi elettorali, modellizzazione dello spazio politico e analisi sondaggi.
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