Contratto a tempo determinato e decreto dignità, cosa cambia

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Contratto a tempo determinato e decreto dignità, cosa cambia

Con l’approvazione del Decreto Dignità arriva anche una stretta sui contratti a termine. Per il governo è il primo passo verso la riduzione della precarietà: “la Waterloo del precariato”, addirittura, per il ministro Di Maio. Nel frattempo, le aziende accusano: diventa ancora più complessa e costosa la gestione dei rapporti a tempo determinato; mentre niente rende più conveniente l’instaurarsi di un rapporto a tempo indeterminato.

Innanzitutto, con il provvedimento ritorna la “causale“, cioè il motivo che giustifica la scadenza del contatto. Sarà obbligatoria per quelli con durata superiore ai 12 mesi. Dopo il primo rinnovo (ad ogni rinnovo scatterà un aumento dei contributi di 0,5 punti), si dovrà indicare in ogni caso (in pratica, il datore di lavoro dovrà comunicare un motivo valido e oggettivo per il prosieguo del rapporto “precario”), ossia a prescindere dalla durata del rapporto di lavoro. Anche quest’ultima viene toccata dalle misure: passa da 36 a 24 mesi. Cambia anche il numero massimo di proroghe che da 5 diventano 4.

Contratto a tempo determinato e decreto dignità, cosa cambia

Inoltre, da adesso in poi, le regole che valgono per i contratti a tempo determinato saranno applicate anche a quelli che vengono stipulati tra lavoratori e agenzie interinali. Stessa cosa per i lavoratori stagionali; dunque, come i lavoratori a tempo indeterminato e gli interinali non potranno superare il 20% dell’organico totale. Questo uno dei punti che scontenta di più gli imprenditori, preoccupati per le ripercussioni che tale paletto potrebbe avere durante i picchi di attività.

In parallelo, diventa sempre più difficile per le aziende ottenere aiuti e agevolazioni; a ciò si aggiunge un maggiore rischio di perdere gli incentivi ottenuti. Insomma, le imprese che diminuiscono il livello di occupazione devono restituire gli importi su cui potevano contare.

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