Caso Regeni: a processo quattro 007 egiziani
Sicuramente il punto finale sulla vicenda tarderà ancora ad arrivare ma questo è indubbiamente un punto di partenza verso la ricerca della verità sulla morte di Giulio Regeni.
Chi sono gli accusati
Fissata per il 14 ottobre l’udienza che vedrà comparire dinnanzi alla Corte d’Assise di Roma i quattro 007 egiziani accusati di aver torturato ed ucciso Giulio Regeni. La decisione arriva dopo una camera di consiglio di 3 ore successivamente all’accoglimento delle richieste della procura da parte del gup di Roma Pierluigi Balestrieri.
A giudizio son finiti Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. I capi di imputazione per tutti loro sono quelli di sequestro di persona pluriaggravato ed, in aggiunta, a Sharif viene contestato anche il reato di lesioni aggravate ed infine il concorso in omicidio aggravato. Lesioni aggravate e non reato di tortura in quanto quest’ultimo è introdotto nella nostra legislazione nel 2017. Quindi successivamente ai fatti Regeni.
L’irreperibilità degli 007
I quattro ufficiali indagati risultano irreperibili poiché la magistratura egiziana non ha mai fornito i loro indirizzi di residenza. Inoltre, la stessa non ha mai concesso ai magistrati italiani di presenziare agli interrogatori degli stessi indagati.
Il commento della famiglia Regeni
Dopo la decisione di rinviare a giudizio, l’avvocato Alessandra Ballerini ha dichiarato
“Paola e Claudio dicono spesso che su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani, da oggi abbiamo la fondata speranza che almeno il diritto alla verità non verrà violato. Ci abbiamo messo 64 mesi. Ma è un buon traguardo e un buon punto di partenza”
Le lunghe indagini
Giulio Regeni, dottorando italiano all’Università di Cambridge, è stato rapito a Il Cairo il 25 gennaio del 2016 e ritrovato cadavere il successivo 3 febbraio. Sul suo corpo son presenti evidenti segni di tortura, alcuni riconducibili a tecniche utilizzate dalla polizia egiziana. Questi elementi, insieme al ritrovamento del corpo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti, hanno posto il focus delle indagini italiane proprio sul regime di al-Sisi.
Dal canto suo, la magistratura egiziana ha sempre sostenuto la totale estraneità dei fatti del suo corpo di polizia nel coinvolgimento del sequestro, tortura e morte di Regeni. La colpa, secondo l’Egitto, è dei Fratelli Musulmani che avrebbero così agito per destabilizzare i rapporti tra Egitto e Italia.
La svolta nelle indagini su Giulio Regeni
Arriva il 4 dicembre 2018 la svolta nelle indagini sulla tortura e uccisione di Regeni. La procura di Roma iscrive cinque poliziotti egiziani nel registro degli indagati. Tutto ciò a conclusione delle indagini condotte anche grazie a SCO (Servizio Speciale Operativo) e ROS (Raggruppamento Operativo Speciale).
L’assenza di collaborazione egiziana per il caso Regeni
Negli anni l’Egitto non si è mai dimostrato collaborativo per la ricerca della verità e molto spesso alla richiesta di chiarimenti e collaborazione da parte del nostro Paese sono seguiti silenzi. Anzi, hanno cercato in vari modi di “disturbare” le indagini condotte dall’Italia. Come con l’arresto del legale egiziano che seguiva il caso per conto della famiglia Regeni, nel 2017, con l’accusa di voler sovvertire il governo di al-Sisi.