Magliette rosse e opposizione subalterna a Salvini – DAL BLOG

Salvini con un bicchiere di vino rosso in mano indossa una maglietta rossa

Magliette rosse e opposizione subalterna a Salvini – DAL BLOG

Il vicepremier Luigi Di Maio posta un tweet di Jerry Calà accorso a sua difesa; il trapper Tedua firma l’appello radical chic contro il vicepremier Matteo Salvini. E la maggior parte della gente, a cui comprensibilmente non interessa alcunché né di Calà né di Tedua, è spinta nelle braccia di Salvini. Il quale perlomeno dice qualcosa che la riguarda; o così, se non altro, pensa.

Minoranza più subalterna a Salvini, grazie alle magliette rosse

Mentre qualcuno strumentalizza persino le atlete di origini africane dicendo che Salvini “stupido razzista omofobo” le odierebbe, lui al contrario celebra la loro vittoria; desidera incontrarle e manda un bacino agli oppositori che si rivelano combattere istericamente gli spaventapasseri. Di fatto, rende le argomentazioni antirazziste degli altri un argomento fantoccio (fallacia logica dello straw man, tecnicamente).

Mentre qualcuno strumentalizza tutti i morti del mondo, accusando il governo appena insediato di genocidi plurimi e proponendo di indossare “magliette rosse” proprio come quelle di quei bimbini morti, Salvini potrebbe sfoggiare anche lui senza paura una delle sue magliette rosse; così evidenzierebbe la ridicolezza dell’opposizione. Ah, preciso subito che l’immagine è di repertorio.

Il “pop filosofo” Simone Regazzoni osserva la carenza della strategia comunicativa dell’opposizione:

Terza Repubblica o Prima Repubblica 2.0?

Il dramma è che, se nessuno offre risposte concrete alternative – e non sto parlando di regalare quelle magliette rosse a chi ne ha bisogno, che sarebbe il minimo – la gente che vive al di là delle finte polarizzazioni politiche si accontenta di quel che passa il convento, che un giorno serve un primo di sinistra e l’altro di destra, entrambi insaporiti, rispettivamente, da Di Maio e da Salvini, in un bipolarismo governativo al momento ben coordinato dalla centralità della mediazione di Conte. Questo lo ha ben intuito Rosario Zannone, già vicesindaco PD a San Giuliano Milanese, fine conoscitore della democristianità:


Dello stesso parere sembra essere Enrico Mentana (che ha pure denunciato di essere stato inserito, contro la sua volontà, tra i firmatari dell’appello anti-Salvini):

C’è poi chi, come l’economista di estrema sinistra Piergiovanni Alleva, neoconsulente di Di Maio – consulenza gratuita una tantum, precisa – adotta un proverbio in voga nella Cina comunista: non importa di che colore sia il gatto, basta che prenda i topi. Tra il ritorno auspicato alla centralità delle forze politiche a scapito del Premier, la politica dei due forni e la figura di mediazione centrista di Conte… senza lanciarmi in facili quanto improprie analogie, oso però dire che per i nostalgici della Prima Repubblica la pacchia sembra essere iniziata.

Partito Dispotismo (illuminato?) VS sovranisti

Carlo Calenda tenta la scalata ai vertici del PD; ormai palesemente si pone al di fuori dei giochi democratici in quanto “élite illuminata”, soprattutto fuori tempo massimo di circa due secoli e mezzo. La sua cd. “costituente antisovranista” innanzitutto è un nonsense, dal momento che ogni costituente è ipso facto sovrana. Il programma proposto è assai più minimal rispetto a quello di Maria Teresa d’Austria, che ha fatto un piano serio contro l’analfabetismo e non solo quello “funzionale”. Tuttavia non era così svampita da non capire che senza la sovranità non solo non si può avere la democrazia, ma neppure la politica. Eppure Maria Teresa, diversamente da Calenda, non aveva nemmeno elezioni da vincere.

Se ci si vuole confrontare sul tema della sovranità, consiglio perlomeno di seguire le distinzioni operate da Alessandro Volpi in un recente articolo, che tripartisce le posizioni “anti-sovraniste”. In un primo caso è la critica alla concettualità politica moderna; si pensi alle “moltitudini” di Toni Negri o a nuove forme di lotta con partecipazione diretta degli attori sociali. Poi si può criticare la sovranità nazionale, senza per questo mettere in discussione la sovranità di istituzioni sovra-nazionali; qui rientrano le posizioni autenticamente europeiste dei fautori ad esempio di un bilancio unico europeo e della redistribuzione di tutto il surplus tedesco verso i paesi in deficit. Infine ci sono fautori di governance post-democratiche alla Calenda che connotandosi politicamente contro i “sovranismi” – altro segno di subalternità – combattono la sovranità; di fatto rifiutano la democrazia, che ha come precondizione la stessa sovranità.

Salvini e i testimonial

Per concludere, a meno che non faccia clamorosi autogol (vedasi maldestre flat tax o redditi di cittadinanza inefficaci) che danneggerebbero il proprio elettorato (imprenditori, operai e disoccupati, mentre il M5S è forte anche tra i lavoratori dipendenti; ormai il PD è un partito pensionato di pensionati, di dirigenti e di persone che male non se la passano) continuerà a vincere Salvini. Che io non voto, sia chiaro.

Deo gratias, ci sono i testimonial: Saviano, già condannato in Cassazione per plagio, che ora scrive da New York, Oliviero Toscani che con le sue fotografie pietistiche per Benetton nasconde le violenze che l’azienda perpetra contro gli indigeni Mapuche e infine Tito Boeri che dà i numeri – sostenendo ideologicamente che “parlano da soli”, quando invece ai dati puoi far dire tutto e il contrario di tutto, se non espliciti la metodologia e i paradigmi teorici sottostanti – dicendo che mancano lavoratori in Italia. Però impiegare quelli che non trovando lavoro devono espatriare non è carino, molto meglio chiamare immigrati da sfruttare ben bene, pagandoli molto meno rispetto ai 1900€ al mese (attualizzati) che prendevano un tempo i raccoglitori di pomodori. En passant, la percezione sociale è sempre più forte e inaggirabile rispetto ai dati, che mostrano solo un lato parziale della realtà. Davvero ottimi testimonial, insomma. Per il governo, ovviamente.

Piotr Zygulski per il blog Nipoti di Maritain