Migranti, incontro Salvini Maiteeq sulla Libia: via embargo sulle armi
Via l’embargo sulle armi alla Libia. Per favorire un maggior controllo da parte della Guardia Costiera del paese nordafricano delle rotte marittime da cui passano i flussi migratori verso l’Italia e l’Europa. È la richiesta scaturita dall’incontro di ieri giovedì 5 luglio 2018 al Viminale tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il vicepresidente del Consiglio presidenziale libico Ahmed Maiteeq. Nella conferenza stampa congiunta, però, Salvini non ha lesinato pesanti frecciate indirette (ma non troppo) contro l’atteggiamento tenuto dalla Francia di Emmanuel Macron in Libia. La vera partita, in realtà, al di là della gestione della ‘patata bollente’ sui migranti, sembra proprio essere quella dello scontro geopolitico in atto con i cugini transalpini. In gioco, l’ingerenza sul Mediterraneo e su Tripoli. E, soprattutto, sui suoi pozzi di petrolio dell’area.
Migranti, incontro Salvini Maiteeq sulla Libia: la questione embargo
Per il Ministro dell’Interno la fine dell’embargo contro la Libia (che include anche gli armamenti) sarà fondamentale nella gestione dei flussi di migranti. In più, l’Italia si è impegnata a garantire l’invio di alcuni mezzi navali: 12 sono già in arrivo. Si lavora per altre 17 imbarcazioni. Ma per Maiteeq questo non può bastare. Nel mirino del politico libico c’è proprio il blocco imposto agli scambi di armi: «Non abbiamo mezzi di sostegno a disposizione della Guardia Costiera. Non riusciamo a garantire la sicurezza marittima a causa dell’embargo» le parole del vicepremir libico. Il tema, ha rassicurato il capo del Viminale, dovrà essere al centro dell’incontro tra i ministri dell’Interno Ue in programma ad Innsbruck la prossima settimana. Vertice che sarà preceduto da un bilaterale tra lo stesso Salvini e il parigrado tedesco Horst Seerhofer, pochi giorni fa protagonista della crisi del governo guidato da Angela Merkel.
Migranti, incontro Salvini Maiteeq sulla Libia: le accuse alla Francia
Il Ministro dell’Interno italiano ha inoltre lanciato pesanti accuse alla Francia di Emmanuel Macron. Salvini non lo ha mai nominato, ma il riferimento è apparso chiarissimo: «Inaccettabile la sottrazione di ingenti risorse petrolifere ed economiche all’autorità legittimamente riconosciuta fatta da altri soggetti che dialogano con altri paesi». Probabilmente il capo del Viminale si riferisce al generale Haftar, il capo dell’Esercito Nazionale Libico (Enl) appoggiato da Parigi, che a giugno annunciava trionfalmente la liberazione dai guerriglieri dell’Isis di Derna, importante centro petrolifero della costa est del paese.
Secondo Salvini, però, l’unico interlocutore dell’Italia (e non solo) può essere soltanto il governo di Tripoli guidato da Fayez Al-Sarraji (acerrimo nemico di Haftar). L’unico ad oggi riconosciuto dall’Onu. Sul punto, il rappresentante del governo di Roma ha annunciato una serie di incontri internazionali per venire a capo dell’intricata situazione al di là del Mediterraneo. La prossima settimana vertice con Ghassam Salamè, inviato delle Nazioni Unite in Libia. Poi, ci sarà un ‘giro’ con gli altri paesi del Nord Africa. Obiettivo: la difesa delle frontiere esterne. Ma nelle intenzioni di Salvini queste aperture diplomatiche, quasi sicuramente, serviranno a rinfoltire il fronte anti-Macron con l’obiettivo di ottenere una maggiore influenza geopolitica nell’area.
Migranti, incontro Salvini Maiteeq sulla Libia: i perché dello scontro Italia Francia
Italia e Francia stanno giocando una partita senza esclusioni di colpi in Libia. A riprova, i botta e risposta continui tra i due governi sulla questione immigrazione delle scorse settimane. La questione flussi migratori sembra essere comunque solo una parte dello scontro; la vera partita infatti è quella dell’influenza in Libia.
Dopo la caduta di Gheddafi nel 2011 (per mano principalmente di Sarkozy), l’Italia si è vista sfilare di mano i vantaggiosi accordi sulle risorse petrolifere strappati dal governo Berlusconi. Oltre a subire l’aumento sconsiderato degli arrivi sulle proprie coste dei cosiddetti ‘barconi’. Il paese nordafricano, ad oggi, appare sostanzialmente diviso in due: il governo di Tripoli guidato da Al-Sarraji, che gode dell’appoggio di Roma (Maiteeq ne è il vice). E l’entità che controlla una buona fetta del sud della Libia, capeggiata dal generale Haftar, vicino alla Francia. I due leader stanno provando a giocarsi le loro carte per salire al potere. E uno dei modi per farlo è proprio il controllo dei pozzi petroliferi della ex tripolitania. Risorse che, naturalmente e giocoforza, fanno gola anche a Roma e Parigi.
Salvini insomma vorrebbe di fatto ripristinare l’influenza sulla Libia ottenuta da Berlusconi e dai governi precedenti. Da qui si capisce la provocazione del presunto invio di alcuni diplomatici del Viminale nel sud della Libia, per studiare la costruzione di posti di osservazione verso le frontiere di Niger, Ciad e Algeria, in funzione anti-migranti. Missione ‘denunciata’ proprio da Haftar in un comunicato ufficiale e bollata dal generale come tentativo di stabilire una indebita presenza militare nel paese. Peccato che, a quanto pare, l’idea avrebbe anche l’avallo dell’intera Ue. Ma la preoccupazione di Haftar dà comunque l’idea del reale peso degli interessi in gioco nel complicato risiko libico.