Bari, Cesena & co.: benvenuti nell’ennesima estate fallimentare
Il tempo continua a passare ma le situazioni che viviamo nel calcio italiano sono le stesse di sempre.
Anche quest’estate tra Mondiali, acquisti record sul mercato e tutto il resto, l’Italia del pallone assiste al fallimento di molte piazze.
Stavolta è il turno niente meno che di Bari e Cesena in primis, a cui si sono aggiunte Reggiana, Fidelis Andria, Mestre e – quasi certamente – Avellino.
Un vero e proprio bollettino di guerra.
Tutte le sopracitate dal prossimo agosto/settembre ripartiranno dalle categorie dilettanti, qualcuna addirittura dai campionati regionali.
Un problema che avanza inesorabile ogni anno, come se fosse una bella tradizione da rispettare e portare avanti.
E sembra non volersi fermare ancora.
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Bari, Cesena & co.: la storia si ripete
Sembra (anzi è) qualcosa di surreale.
Il tanto acclamato (giustamente) acquisto di Cristiano Ronaldo non è vero che risolleva il calcio italiano.
Il ritorno di Ancelotti in Serie A non è vero che risolleva il calcio italiano.
Niente di tutto questo o di simile risolleva il calcio italiano se in contemporanea qualcuno scompare.
Parliamo di piazze che già da anni versavano in situazioni economiche disastrose.
Ma fino a che non sono arrivate allo stremo son state fatte iscrivere sempre e comunque al proprio campionato.
Ormai nelle categorie inferiori i fallimenti sono all’ordine del giorno e a qualcuno è capitato più volte recentemente.
Per l’Avellino ad esempio si tratterebbe del secondo fallimento in nove anni.
Per la Lucchese – altra società a rischio –sarebbe il terzo in dieci anni.
Inoltre ormai i fallimenti delle società non conoscono data.
Come nel caso del Modena, che ha cominciato la scorsa stagione di Serie C salvo poi abbandonare dopo poche settimane.
Oppure la Paganese che due estati fa si salvò in corner a poche ore dall’inizio del campionato.
Bari, Cesena & co.: servono soluzioni concrete per evitare altre situazioni simili
Tutto viene condito dalle classiche promesse di soluzioni che anno dopo anno non portano a niente.
A rimetterci son sempre soprattutto i tifosi, costretti ad assistere a questi scempi o ad aver paura che accada alla propria squadra del cuore da un momento all’altro.
Questi danni si ripercuotono anche e ovviamente sull’economia di ogni città e sui lavoratori delle singole società, che non si compongono solo di calciatori, allenatori e direttori ma anche di semplici operai con una busta paga come tanti altri.
Siamo proprio sicuri dunque che il calcio italiano sia in ripartenza?