Commissione vigilanza Rai: a cosa serve e com’è composta
La Commissione di vigilanza Rai, dopo lunghe ed estenuanti trattative, ha finalmente un presidente. A guidarla sarà Alberto Barachini, senatore di Forza Italia, nonché ex giornalista del Tg4 e di TgCom. Un organo fondamentale nella governance della Rai. Il quale, infatti, ha il compito di garantire e vigilare sulla obiettività e sull’apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali dell’unica azienda pubblica concessionaria del servizio radiotelevisivo. Questa una delle funzioni fondamentali della ‘Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e l’esercizio della vigilanza dei servizi radiotelevisivi’ . La Commissione, inoltre, come previsto dall’ultima riforma del servizio pubblico audiotelevisivo, si esprime, in maniera vincolante, sulla elezione del presidente del Consiglio di Amministrazione della Rai da parte dei componenti dello stesso CdA.
Commissione vigilanza Rai: istituzione e componenti
La Commissione di vigilanza Rai nasce con la legge n.103 del 14 aprile 1975 (negli anni sono poi sopraggiunte alcune modifiche che ne hanno leggermente cambiato le funzioni). Un provvedimento che, di fatto, sancisce il passaggio del controllo del servizio pubblico radiotelevisivo dal Governo (che lo gestiva attraverso l’IRI) al Parlamento.
Nello specifico, si tratta di una commissione bicamerale, composta quindi sia da deputati che da senatori. La nomina dei 40 componenti (20 per ciascuna camera) spetta ai presidenti di Camera e Senato, su indicazione dei gruppi parlamentari; e in maniera proporzionale tra essi.
Commissione vigilanza Rai: funzioni e indirizzo
La Commissione ha tre funzioni fondamentali. La più importante è quella di vagliare, di fatto, l’elezione del presidente del CdA della Rai. I membri del CdA, infatti, (quattro eletti dal Parlamento sulla base di una selezione pubblica di nomi che hanno presentato il curriculum; due nominati dal Mef e uno eletto dai quasi 13 mila dipendenti Rai) eleggono al proprio interno il presidente. Quest’ultimo, però, viene confermato (o meno) soltanto se la Commissione di vigilanza Rai si esprime favorevolmente. Stesso e identico potere sulla revoca dei componenti del CdA: la delibera spetta all’assemblea. Ma l’ultima parola tocca comunque all’organo bicamerale.
In realtà, la logica della legge del 1975, con la quale fu istituito questo organo, è stata quella di ‘sottrarre’ la Rai all’ingerenza dei partiti di governo. Come? Aprendo alla presenza di consiglieri di amministrazione nominati anche con la partecipazione dei rappresentanti delle minoranze parlamentari. Che, come descritto, hanno diritto a sedere tra i banchi della Commissione stessa. Sul raggiungimento o meno di questo obiettivo, però, l’opinione pubblica e le fazioni in campo si sono spesso divise. Da più parti, infatti, si è auspicato il ricorso a sostanziali cambiamenti in merito, verso una maggiore indipendenza dai partiti. Tante le riforme (l’ultima quella di Renzi), che però non sembrano aver scalfito il potere di condizionamento da parte della politica.
Tornando alle funzioni, la Commissione detta soprattutto gli indirizzi che la Rai deve seguire su programmazione, pubblicità e piani di spesa pluriennali. Due punti su cui (e veniamo alla terza mansione) l’organo bicamerale è obbligato a riferire annualmente in Parlamento, attraverso la presentazione di una apposita relazione.
Commissione vigilanza Rai, i ‘contrappesi’: la sottocommissione permanente per l’accesso
Nell’ambito della Commissione vigilanza Rai, la legge 103 del 1975 ha istituito inoltre la cosiddetta ‘Sottocommissione permanente per l’accesso’. Formata da 16 membri (sempre e comunque proporzionalmente alle forze politiche rappresentate alla Camera e al Senato), di cui uno viene eletto presidente; questo ‘sotto-organo’ ha il compito di promuovere l’accesso alle reti e alle frequenze del servizio pubblico.
Un modo per garantire, quindi, spazi e voce a tutte quelle associazioni che dovessero sentirsi poco ‘rappresentate’ in tv. Tant’è che la legge pone un’attenzione particolare alle esigenze delle autonomie locali, dei sindacati nazionali. Ma anche di confessioni religiose, movimenti politici, enti ed associazioni politiche e culturali. E, ancora, di gruppi etnici e linguistici, o di altri di rilevante interesse sociale.
Le delibere della sottocommissione, non a caso infatti, impegnano direttamente la Rai. E, quindi, possono fungere da contrappeso alla Commissione di vigilanza stessa. La quale, però, ha il diritto di presentare ricorso alle decisioni della sottocommissione, in un’apposita riunione plenaria.
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