Nuovo governo indipendentista in Catalogna: Aragonès eletto presidente
Lo scorso mese è sorto, a distanza di tre mesi dalle elezioni, un nuovo governo indipendentista in Catalogna. Il 21 maggio, il parlamento regionale ha eletto presidente, con 74 voti a favore su 135, Pere Aragonès. Egli è membro del partito di sinistra indipendentista Esquerra Repubblicana de Catalunya (Erc) che, grazie a lui, dopo novant’anni, è tornato a guidare l’esecutivo regionale. Per la sua elezione è stato necessario un accordo con altre due formazioni indipendentiste: Junts per Catalunya (JuntsxCat), di centro-destra, e Candidatura d’Unitat Popular (Cup), di sinistra radicale. I tre partiti che formano la maggioranza sono sì tutti indipendentisti, ma molto eterogenei. A spingerli a trovare un accordo hanno contribuito vari fattori. Tra questi, il rischio di tornare al voto, dimostrando l’incapacità di accordarsi, e la crescente forza delle destre nel resto del Paese.
Vittoria elettorale indipendentista
Le elezioni si sono svolte a febbraio e il partito più votato, con il 23,3%, è stato il Partito socialista catalano (Psc), contrario all’indipendenza ed espressione locale del Partito socialista operaio spagnolo. Le tre formazioni indipendentiste, invece, hanno ottenuto rispettivamente: Erc il 21,3%, JuntsxCat il 20% e Cup il 6,6%. L’Erc ha, per la prima volta, superato JuntsxCat. Questi partiti coalizzati raggiungono quota 74 seggi, ben oltre la maggioranza assoluta di 68. Degno di nota il fatto che nonostante l’Erc abbia preso il 2% in meno del Psc, i due partiti hanno ottenuto lo stesso numero di seggi. Ciò si spiega poiché il Psc è più forte a Barcellona dove il rapporto tra seggi e popolazione è più basso che altrove.
Contrasti interni al fronte indipendentista
Le posizioni dei partiti che formano la maggioranza sono, in molti ambiti, assai distanti. A dimostrazione di ciò il fatto che JuntsxCat che negli scorsi mesi ha bloccato per due volte l’investitura di Aragonès. Quest’ultimo, infatti, era già presidente ad interim da quando il suo predecessore, Joaquim Torra, di Juntsxcat, fu inabilitato dal Tribunale Supremo di Madrid per “disobbedienza”. Erc e JuntsxCat hanno, anche, sviluppato due modi diversi di porsi nei confronti dell’indipendenza della Catalogna. Al punto che JuntsxCat ha, in precedenza, accusato l’Erc di avere abbandonato la lotta per l’indipendenza. Al contrario, Erc ha criticato JuntsxCat per il fatto di voler perseguire il suo obbiettivo senza un sufficiente appoggio popolare. Inoltre, di segno diametralmente opposto alle idee neoliberiste, con, talvolta, derive etniciste e identitarie, di JuntsxCat, è il programma di estrema sinistra della Cup.
Formazione del governo indipendentista
Comunque, dopo tre mesi, l’accordo è stato raggiunto. I seggi governativi sono stati equamente suddivisi tra Erc e JuntsxCat, mentre il Cup si limita ad un appoggio esterno. Il prezzo che ha dovuto pagare Aragonès per ottenere la presidenza è stato comunque molto alto visto che gli assessorati di maggior peso in una fase come quella pandemica – Economia, Finanze, Sanità – vanno a JuntsxCat, così come la presidenza del Parlamento. Sarà JuntsxCat, quindi, a controllare in buona misura i fondi europei che toccheranno alla Catalogna. Il fatto che sia stato trovato un’accordo non è, però, di per sé garanzia di stabilità. Anzi, Aragonès dovrà usare tutte le sue abilità di mediatore per cercare di mantenere coesa la maggioranza.
Il Consell de la República
I partiti della maggioranza hanno riconosciuto un ruolo rilevante nel nuovo governo al Consell de la República. Esso consiste in un organo guidato da Waterloo, in Belgio, da Carles Puigdemont (JuntsxCat), rappresentante dell’anima più radicale della compagine indipendentista. Puigdemont è l’ex presidente catalano che pronunciò la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna al parlamento regionale nel 2017, prima di dover lasciare la Spagna per evitare di essere processato dai tribunali del suo Paese. L’influenza del Consell de la República nel nuovo governo era uno dei principali motivi di scontro durante i negoziati. Infine, comunque, Erc e JuntsxCat hanno trovato un compromesso, riconoscendo un ruolo a Puigdemont, sebbene non così importante come JuntsxCat avrebbe voluto.
Il più giovane presidente della Generalitat
Pere Aragonès, nato a Pineda de Mar, con i suoi 38 anni è il più giovane presidente della Generalitat da quando è stato ricostituito il “Parlament” catalano. Suo nonno è stato sindaco della città natale in epoca franchista, mentre il padre consigliere comunale per il partito indipendentista Convergència Democràtica de Catalunya(Cdc), scioltosi nel 2016. Ha una formazione sia giuridica che economica e negli ultimi anni si è costruito la fama di uomo d’ordine e instancabile negoziatore. Dimostrazione di ciò il fatto che si deve a lui l’approvazione della legge di bilancio del 2020, l’unica approvata dal Parlament in tre anni. Merito suo l’allargamento dell’alleanza indipendentista, anche a livello locale, al Cup, che lo ha ricambiato sostenendolo nello scontro con JuntsxCat per la guida della Generalitat.
Il governo indipendentista non ha come priorità l’indipendenza?
Sembra una contraddizione, ma è proprio così. L’Erc ha costruito il suo successo elettorale puntando maggiormente sulla ripresa economica e sulla lotta alla pandemia. Gli elettori, stanchi dello scontro con Madrid, hanno premiato questa linea. Aragonès è, oltre a ciò, consapevole che la sua maggioranza, pur essendo solida come numero di seggi, corrisponde, in realtà, ad appena il 25% degli aventi diritto. Ciò è frutto dell’altissima astensione (maggiore del 46%) registratasi alle elezioni di febbraio. Per di più, i sondaggi danno i catalani favorevoli all’indipendenza scendere al 40%. Il governo indipendentista non ha, di conseguenza, un mandato popolare per un nuovo tentativo di divorzio da Madrid. Sebbene, al momento, l’indipendenza non sia la priorità del nuovo governo, Aragonès ha delineato la strategia da perseguire per raggiungerla. Si seguirà il modello scozzese del 2014, puntando a un referendum “accordato con lo Stato”.
Quali sono, quindi, gli obbiettivi del governo indipendentista?
Rimanendo nell’orbita delle questioni indipendentiste, l’obbiettivo è l’amnistia dei politici incarcerati. Tra questi bisogna menzionare Oriol Junqueras, presidente dell’Erc, attualmente agli arresti per il fallito tentativo di secessione del 2017. Cambiando ambito, invece, la principale sfida che il governo indipendentista deve affrontare consiste nella ripartenza economica post pandemia. Difatti, in una regione in cui 1/3 degli occupati lavora nel settore del turismo la situazione è molto seria.
Quali saranno i rapporti del governo indipendentista catalano con Madrid ?
Innanzitutto, si deve ricordare che a Madrid il socialista Pedro Sanchez guida un governo di minoranza. Nei confronti del governo nazionale, JuntsxCat ed Erc hanno due posizioni diverse. I primi vorrebbero far cadere il governo socialista secondo la logica del “tanto peggio tanto meglio”, mentre i secondi hanno garantito che continueranno ad appoggiare Sanchez. A sua volta, nei confronti del nuovo governo indipendentista catalano, Sanchez ha auspicato un dialogo costruttivo. Concretamente, come strumento di persuasione, può usare la cooperazione finanziaria, tema molto sentito dalla grande finanza e dall’economia catalana. Egli ha sempre difeso la distensione con la Catalogna e sta preparando anche un indulto per i politici catalani detenuti. Questo atteggiamento positivo nei confronti della Catalogna da parte del Partito socialista operaio spagnolo, di Sanchez, è stato confermato anche dal Psc. Infatti, Salvador Lilla, candidato alla presidenza della Catalogna per il Psc, ha promesso un’opposizione leale.
Le destre contro la Catalogna
A questo punto, il grande interrogativo consiste nel verificare se Sanchez riuscirà a non farsi intimorire da una destra sempre più forte, ancora di più dopo la vittoria alle regionali di Madrid, che vede il dialogo con l’indipendentismo come una sorta di tradimento. Destra che alle elezioni catalane, di febbraio, ha avuto un exploit, non previsto dai sondaggi, con il partito Vox, neofranchista di estrema destra, che ha ottenuto il 7,6%. Al contrario la formazione di centro-destra Ciudadanos ha preso il 5,5% passando da 30 a 6 seggi. Anche i popolari, vittoriosi a Madrid, hanno ottenuto solo il 3,8%.