Dall’inizio delle operazioni militari, lo scorso 8 luglio scorso, Israele ha compiuto 4.686 raid nella Striscia di Gaza. Nello stesso periodo sono stati lanciati 2.560 razzi e proiettili di mortaio verso il territorio dello stato ebraico. Israele ha perso 64 soldati: mai così tanti dalla guerra contro Hezbollah nel 2006. Le vittime palestinesi sono oltre 1.800. Nella guerra che si combatte a Gaza da circa un mese, Israele e Hamas hanno messo in campo tattiche e armamenti molto diversi: da una parte supremazia aerea e intelligence, dall’altra tunnel e guerriglia.
Il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che l’operazione ‘Protective Edge’ ha fornito a Tel Aviv l’opportunità di testare le nuove tecnologie a disposizione dell’esercito. Su Gaza ha volato ad esempio il nuovo drone Hermes 900 UAV, l’evoluzione dell’Hermes 450 UAV. Tel Aviv ha ribattezzato il velivolo “la stella” e lo ha utilizzato per raccogliere informazioni.
A partire dall’anno scorso l’esercito israeliano ha avviato una operazione di ammodernamento. Sono stati chiusi alcuni reparti, altri sono stati attrezzati con armamenti ed equipaggiamenti più moderni. La condivisione delle informazioni utile a valutare tattiche e contromosse è diventata molto più rapida ed efficace, aumentando l’interazione tra le varie forze in campo.
Secondo Haaretz una prima valutazione delle nuove tecnologie era in programma per la fine di quest’anno. Poi c’è stata l’operazione militare nella Striscia di Gaza, che secondo il quotidiano della sinistra israeliana ha finito per dimostrare i limiti della macchina militare, soprattutto per quanto riguarda le decisioni prese dai vertici. Haaretz già nei giorni scorsi aveva criticato la scelta di appoggiarsi troppo alla superiorità aerea in una guerra che è stata combattuta casa per casa e che sin dall’inizio ha avuto come obiettivo dichiarato la distruzione dei tunnel scavati sotto terra da Hamas.
Photo by Peter Mulligan – CC BY 2.0
La rete sotterranea di tunnel allestita da Hamas è stata definita “complessa e avanzata” dai militari israeliani. Ci sono tunnel dotati di corrente elettrica e linea telefonica. Altri sono angusti, larghi appena per consentire il passaggio di un uomo alla volta. Possono spingersi fino a quaranta metri di profondità. Alcuni sono costruiti in cemento, materiale con tutta probabilità importato clandestinamente dall’Egitto. Gli accessi sono nascosti all’interno di edifici e abitazioni, così da renderli invisibili dall’alto. Scovarli è complicato e richiede un lungo e accurato lavoro di intelligence. Che non sempre dà frutti. Come ha detto un ufficiale israeliano, “in effetti ci sono due Gaza: una sopra il terreno e una sotto”.
Hamas ha impiegato anni per sviluppare la sua rete di tunnel. Tanti anni, tanto impegno e tanti soldi, abbastanza da alimentare il terrore nella popolazione israeliana che abita nei pressi della Striscia di Gaza e che vive con l’incubo di veder spuntare da sotto terra i miliziani di Hamas. Israele sapeva che la minaccia era nascosta sotto il terreno, ma non aveva probabilmente l’esatta percezione della vastità dei tunnel.
Quando la guerra è entrata a Gaza, il vantaggio tecnologico israeliano si è ridotto. Hamas ha sfruttato il terreno, dimostrando di aver sviluppato competenze militari più sofisticate. L’aviazione non è riuscita a garantire l’obiettivo di neutralizzare dal cielo la rete dei tunnel: alcuni sono troppo profondi, altri restano operativi anche se viene tagliato un collegamento. Come ha scritto Haaretz, la neutralizzazione dei tunnel rimane in fin dei conti un’operazione vecchio-stile, dove un semplice bulldozer è in grado di fare più che bene il proprio lavoro. È il paradosso di questa guerra combattuta a colpi di droni e reticoli sotterranei.
Immagine in evidenza: photo by Israel Defense Forces – CC BY 2.0