C’è il rischio che le dighe del nord cadano nelle mani degli estremisti. C’è l’incognita della corrente elettrica. Occorre trovare il modo di far arrivare nel sud cibo e rifornimenti. In Iraq i fondamentalisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) controllano gran parte del territorio settentrionale: il paese appare spaccato in tre pezzi e rischia il collasso economico.
L’Onu ha denunciato che nel nord dell’Iraq decine di migliaia di persone stanno lasciando le proprie case. Negli ultimi giorni le città di Sinjar e Zumar sono cadute in mano all’Isis: la gente sta cercando riparo tra le montagne, una situazione che i funzionari delle Nazioni Unite definiscono disperata.
Negli ultimi giorni anche i peshmerga curdi hanno subito sconfitte. Il primo ministro iracheno al-Maliki ha offerto supporto aereo alle truppe curde: si tratterebbe di una mano tesa che mira a ricostruire i rapporti tra il governo sciita e la minoranza del nord dopo il grande gelo delle ultime settimane. I curdi si sono ritrovati da soli a fronteggiare l’offensiva dell’Isis e sono tornati ad avanzare propositi di indipendenza.
Sul terreno, la situazione militare vede l’Isis in vantaggio. I miliziani stanno dimostrando di saper combattere con energia e disciplina: elementi che accrescono la preoccupazione degli analisti internazionali. Le province settentrionali sono saldamente in mano agli estremisti sunniti. Anche la città di Wana è stata conquistata. Lì vicino sorge la diga di Chambarakat, sul fiume Tigri, la più importante del Paese. Sono questi i nuovi obiettivi dell’Isis.
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In un paese come l’Iraq, in gran parte desertico, le dighe rappresentano un nodo strategico fondamentale: dall’irrigazione all’elettricità. A sud di Baghdad la corrente elettrica dipende dai livelli d’acqua dei due grandi fiumi principali. La conquista delle dighe potrebbe diventare un’arma per infliggere inondazioni o siccità ai territori da conquistare. Inoltre l’acqua potrebbe essere dirottata verso le province occupate e venduta per ricavare denaro da reinvestire. L’Isis del resto controlla alcuni giacimenti petroliferi e sta vendendo greggio.
Le milizie si stanno arricchendo: possono arruolare altri uomini, comprare armi, gestire i territori occupati. La guerra (fino a oggi vittoriosa) che l’Isis sta conducendo in Iraq potrebbe attirare estremisti da ogni parte del mondo, alimentando la spirale del fondamentalismo e rinforzando le fila dei guerriglieri.
L’Iraq appare oggi diviso in tre: il governo a guida sciita controlla la capitale Baghdad e la parte meridionale del paese; i curdi tengono la loro regione a nord e si fronteggiano con l’Isis sunnita, che governa i territori confinanti con la Siria. A fine giugno i miliziani hanno proclamato la nascita di un Califfato islamico che comprende già le città di Raqqa, Mosul, Baiji, Tikrit.
L’intero sistema economico iracheno rischia il tracollo. Al Jazeera ha riportato le preoccupazioni di alcuni funzionari di Baghdad: l’Isis ha tagliato le rotte che collegavano la Turchia alla capitale irachena. Cibo e rifornimenti faticano ad arrivare nel sud del paese. Il timore è quello di un’impennata dei prezzi. A Baghdad migliaia di persone stanno facendo scorte. La Fao ha ricordato che l’Iraq vive di importazioni e che la quota principale arriva proprio dalla Turchia. I rifornimenti possono prendere altre strade, secondo alcuni funzionari dell’Oms, e passare ad esempio per la Giordania: ma non sarebbe sufficiente a coprire l’intera domanda.
Immagine in evidenza: photo by eddiecoyote – CC BY 2.0