L’Ucraina sta attraversando uno dei momenti più bui della sua storia. Mentre una guerra imperversa nelle regioni orientali del paese, le autorità di Kiev non riescono a trovare la stabilità politica necessaria a fermare i combattimenti e a condurre il programma di riforme fondamentale per incassare gli aiuti economici internazionali. L’ATO (Operazione Anti Terrorismo) nel Dombass costa al governo centrale 1,5 miliardi di grivnie al mese (90 milioni di euro). Un’impresa dispendiosa per la quale i fondi sono finiti già da tempo.
Al momento il baratro del fallimento economico è stato evitato grazie alla “mossa” del primo ministro Yatseniuk. Vedendosi rifiutato un programma di tassazione tutto “lacrime e sangue” diretto a finanziare la guerra, negli scorsi giorni ha rassegnato le proprie dimissioni al Capo dello Stato Poroschenko. Quest’ultimo però le ha ovviamente rifiutate cosciente del fatto che per incassare la seconda tranche di aiuti dal Fondo Monetario Internazionale (1,4 miliardi di dollari) è obbligatorio un forte taglio alla spesa sociale e ancor prima la vittoria militare sui filorussi. Dopo aver strigliato la Verkhovna Rada, ha quindi caldeggiato con successo, in pratica ha “imposto”, l’approvazione delle riforme impopolari che ora permetteranno all’Ucraina di giungere con più “tranquillità” a nuove elezioni.
“Tranquillità” per modo di dire. Se la situazione nelle regioni dell’est del paese sta assumendo i caratteri della “catastrofe umanitaria“, come qualche giorno fa denunciava il sindaco di Luhansk, anche nelle zone occidentali si comincia a fare sentire il peso di una crisi che ha le proprie radici nel cambiamento di assetto geopolitico del paese. Vitali Klitschko, sindaco di Kiev, ieri ha annunciato ai propri cittadini che l’acqua calda non tornerà nelle loro case prima di Ottobre. “L’acqua calda tornerà all’inizio della stagione fredda” ha dichiarato il sindaco, aggiungendo che l’Ucraina sta cercando di potenziare le proprie riserve di gas, cioè sottrarsi al controllo di Mosca che da decenni la tiene in scacco grazie agli approvvigionamenti energetici.
Di fronte a una situazione così delicata Poroschenko ha in progetto un governo compatto e agile (2 massimo 3 partiti), a differenza di quello attuale formato da 5 formazioni e all’interno del quale Udar e Svoboda danno segnali di cedimento. Il piano è comunque legato all’elezione di un nuovo Parlamento che non metta il bastone tra le ruote al programma di riforme che nel progetto del Presidente dovrà spostare Kiev nell’area di influenza che da Bruxelles arriva a Washington. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la mancata approvazione di un progetto di legge che avrebbe dichiarato “terroristi” i promotori delle autoproclamatesi Repubbliche di Donetsk e Luhansk.
D’altronde in Parlamento il Partito delle Regioni dell’ex Presidente Yanukovich, sostenitore dei “ribelli”, da solo conta 78 deputati. Anche se secondo alcuni sondaggi adesso è al 3,4% di gradimento nel paese, può star certo di un tradizionale elettorato nelle regioni orientali, quelle dove ora si sta combattendo.
Poroschenko per attuare il suo progetto, ottenere un Parlamento docile in grado di far passare le riforme costituzionali necessarie a incassare nuovi “assegni” internazionali già a Novembre, presumibilmente sfrutterà proprio il caos delle regioni orientali. Sembra proprio che il 24 Agosto, festa dell’indipendenza, Poroschenko scioglierà la Camera e annuncerà l’inizio della campagna elettorale. Questa potrebbe durare 60 o 45 giorni ma le elezioni si terranno comunque intorno alla metà di Ottobre, in ogni caso non più avanti della ultima settimana del mese. Non è chiaro se si voterà con un sistema a “liste chiuse” o con uno che prevede anche l’assegnazione del 50% seggi con un sistema proporzionale basato sulle preferenze raccolte nei singoli distretti. Da sciogliere anche il nodo “sbarramento” che potrebbe essere del 5 o del 3%.
Tuttavia è certo che, mancando il voto della Crimea e di Sebastopoli e quello della maggior parte dei distretti del Dombass, il Parlamento che si formerà sarà il più Pro-Europa che l’Ucraina abbia mai visto con i partiti di EuroMaidan sugli scudi e quelli filo-russi condannati ai margini della vita politica nazionale.