Hiroshima sessantanove anni dopo
È mattina. Sono le 8 e 15 minuti. Il calendario segna la data del 6 agosto 1945. In Europa la Seconda Guerra Mondiale è finita ma in Asia si continua a combattere. Su Hiroshima, in Giappone, viene sganciata la bomba atomica. È uno dei bivi della storia: si chiude il sipario sul conflitto mondiale e comincia la Guerra Fredda. Oggi, in Giappone e non solo, si ricorda la tragedia di sessantanove anni fa.
La commemorazione si è tenuta al Museo della Pace ed è stata trasmessa in diretta dalla tv pubblica Nhk: presenti 45.000 persone, tra cui il primo ministro nipponico Shinzo Abe, l’ambasciatrice americana Caroline Kennedy e le diplomazie di numerosi paesi.
La bomba fu sganciata da un bombardiere americano B-29. Detonò dopo 43 secondi a poco più di mezzo chilometro d’altezza così da sprigionare la massima potenza. L’esplosione cancellò praticamente ogni cosa in un’area di circa dieci chilometri quadrati. Il 90 per cento degli edifici di Hiroshima fu raso al suolo. 80.000 persone morirono nei secondi successivi alla deflagrazione. Le radiazioni avvelenarono e uccisero nei mesi successivi altre decine di migliaia di persone.
Fu scelta Hiroshima perché in quegli anni la città era un importante polo militare e industriale. Era un obiettivo facile da colpire. La sua distruzione avrebbe inferto al Giappone un duro colpo: economico e morale. Il presidente americano Harry Truman decise di bombardare prima Hiroshima e poi Nagasaki, tre giorni dopo, con l’obiettivo dichiarato di porre rapidamente fine alla guerra. Ma fu anche un messaggio consegnato alla Russia di Stalin, in vista di quella Guerra Fredda che si sarebbe aperta di lì a poco. Il 15 agosto 1945 il Giappone si arrese.
Hiroshima è il luogo dove per la prima volta una bomba atomica ha svelato tutto il suo potenziale distruttivo. Oggi è anche uno dei posti più visitati in tutto il Giappone. Nel 2013 il Museo della Pace di Hiroshima ha accolto 200.000 persone, record di tutti i tempi. Si tratta soprattutto di americani, ma arriva tanta gente anche dall’Australia e dalla Cina. E ovviamente giapponesi.
Spesso i turisti vanno a caccia delle stesse sensazioni che rincorrono visitando Ground Zero a New York, o i campi di concentramento in Europa: essere al cospetto della storia e respirare l’enorme carico emotivo che questi posti sanno suscitare. Ma come ha spiegato la Cnn, nel caso di Hiroshima c’è anche la potenza del messaggio della speranza, della possibilità di risollevarsi anche dopo eventi così catastrofici, e in definitiva dell’importanza della pace.
La vicenda di Hiroshima è ormai parte della storia. Theodore “Dutch” Van Kirk è morto in Georgia lo scorso 28 luglio. Aveva 93 anni. Era l’ultimo membro ancora in vita dell’equipaggio che il 6 agosto 1945 sganciò ‘Little boy’ (il nome in codice dato alla bomba) sulla città.
La missione aerea fu semplice, ha ricordato Van Kirk qualche anno fa: nessun pericolo dalla contraerea giapponese. La rotta era conosciuta a memoria. L’unica incognita era se l’aereo ce l’avrebbe fatta o meno a resistere alla detonazione. Il B-29 fu investito dall’onda d’urto e da una luce fortissima, sobbalzò ma proseguì lungo la sua rotta. Van Kirk ricordò di aver guardato verso una Hiroshima avvolta dalle fiamme e di aver pensato: bene, la guerra è finita.
Van Kirk descrisse quell’episodio come il minore dei mali considerato che l’ipotesi era un’invasione terrestre degli Usa in Giappone. Non ebbe nessun contraccolpo psicologico, né lui né il resto dell’equipaggio, ma in vita sua non volle più vedere nulla del genere.
Immagine in evidenza: photo by xiquinshosilva – CC BY 2.0