41 anni dalla morte di Elvis Presley: ripercorrendo la storia del mito

Pubblicato il 17 Agosto 2018 alle 09:29 Autore: Antonella Cariello
Elvis Presley

41 anni dalla morte di Elvis: ripercorrendo la storia del mito

Era il 16 Agosto 1977 quando il mondo diede l’ultimo saluto al mito del rock’n’roll Elvis Presley. Un’aura di mistero, da sempre mista alla leggenda, ha da sempre contrassegnato le tappe della carriera e della vita dello storico cantante. Dalla serendipity che l’ha sottratto dal sedile di guida dei camion e l’ha dirottato agli show, ecco un breve profilo dell’artista e delle controversie a cui è stato legato.

Elvis Presley: un’icona schiva e misteriosa

Nato nel Mississippi, l’8 gennaio del 1935, quella di Elvis, all’anagrafe Elvis Aaron Presley, non è stata un’infazia agevole. I suoi genitori trovavano occupazione in lavori precari, ma, in compenso, accordavano al piccolo Elvis il massimo delle loro cure (il che sarà un’arma a doppio taglio, contando il forte attaccamento alle figure genitoriali che lo contrassegnerà a lungo anche nella giovinezza). Non manca mai il contatto con le chiese evangeliche locali, che costituisce anche il momento del primo incontro del futuro prodigio del rock’n’roll con il mondo della musica.

Le frequentazioni con le comunità afro-americane costituiranno un debito di capitale importanza per quanto attiene il suo profilo artistico: maturò in queste occasioni la sua sfrenata passione per il blues, evidenza, al contempo, anche una vena apertamente scevra da ogni forma di adesione alle vigenti marginalizzazioni razziali. Proprio dall’assidua frequentazione alle esibizioni di artisti blues, mutuò i caratteri scatenati del suo stile e della sua mimica. Dopo l’incisione fortuita di un disco per la Sun Records, verrà lanciato con l’esperimento dei Blue Moon Boys.

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Elvis Presley: i brani che gli accordarono la fama

Assurto al titolo di King of Western Pop grazie a brani quali Good Rockin’ Tonight, Baby let’s Play House o Bluemoon of Kentucky, il successo di Presley non mancherà di manifestare presto le sue venature più problematiche: dalle molteplici aggressioni di cui fu vittima – causa della incontrollata gelosia da parte dei fidanzati delle fans più accanite del ragazzo con il ciuffo inamidato di brillantina -, alle avverse reazioni che manifestò il pubblico più benpensante sulle sue esibizioni fino alle accuse da cui dové difendersi circa un’inattesa rivelazione a sfondo razzista che gli fu attribuita, ma da cui l’artista prese sempre, con decisione, le distanze.

Nonostante ciò, brani come Heartbreak Hotel, Let me be your Teddy Bear e Tender is the night furono incisi su vinile e costituirono gli incassi e i successi maggiori della sua carriera. Fredda, invece, l’accoglienza rispetto ai tentativi attoriali in cui si cimentò il cantante statunitense. La carriera artistica fu lunga e fruttuosa, seppur mai esente da critiche aspre e decise. Gli anni ’70 furono il periodo peggiore per la star, quelli in cui la sua dipendenza dai barbiturici e un generale stato depressivo lo fecero sprofondare in una condizione fisica che a stento riusciva a combaciare con le locandine che lo immortalavano sempre prestante ed avvenente.

Nella sua maestosa tenuta, Graceland, fu trovato esanime il 16 agosto del ’77. Aveva raggiunto il peso di 158 chili. Come accadde anche al genero Micheal Jackson, nonostante l’acclarato post-mortem, la sua presenza fu registrata in svariate parti del mondo, quasi a ultimo tentativo di eternare il mito, che si alimenta, oltre che con il talento, per gran parte dalla stessa aura di mistero che avvolge le personalità schive e di successo come quella di Elvis.

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