I dati Istat che ieri hanno comunicato il ritorno teorico ad uno stato di recessione, con il Pil del secondo trimestre 2014 giù dello 0,2% hanno rappresentato una vera doccia fredda per il governo Renzi, in piena attività per le riforme costituzionali.
Nonostante le critiche delle opposizioni e la prevista reazione negativa dei mercati, il governo difende il proprio operato e rimane cauto nell’interpretare le statistiche. Dopo l’intervista a Renzi sull’edizione odierna del Messaggero (“Lavoreremo di più. Non esiste un problema economico. E questo è il motivo per cui non c’è una manovra in vista”) anche il ministro dell’economia Piercarlo Padoan interviene sul tema, e lo fa direttamente alla Camera.
Per Padoan, non bisogna basarsi “su pochi trimestri per valutare l’efficacia e l’impatto dell’azione del governo” così come sarebbe “prematuro” pretendere di poter valutare adesso gli effetti del bonus di 80 euro, sul quale – tra l’altro – si è continuato a discutere recentemente, in vista di un possibile allargamento ad altre categorie sociali. Il titolare del dicastero delle finanze ha poi chiarito anche la questione dei tagli alla spesa pubblica, per i quali il commissario Carlo Cottarelli ha presentato un piano di razionalizzazione delle società partecipate, in seguito al quale si dovrebbero conseguire risparmi per 2-3 miliardi di euro.
A tal proposito, Padoan ha affermato che la spending review dovrà essere “parte integrante di una strategia basata su due pilastri: riforme strutturali per rimuovere gli ostacoli alla crescita che si sono accumulati in molti anni e politiche di stimolo agli investimenti, pubblici e privati, con misure già prese nel dl Competitività e che saranno prese con il dl Sblocca Italia”. In ogni caso, i tempi per ridimensionare la spesa – ricorda Padoan – dovranno essere stretti, perché altrimenti il governo sarà costretto a far valere le clausole previste dalla Legge di Stabilità, in base alle quali scatterebbe un aumento automatico delle tasse.”
Come riporta l’Ansa, inoltre, anche il governatore della Bce Mario Draghi ha commentato i dati sulla variazione del Pil, spronando i governi a darsi da fare. “I Paesi che hanno fatto programmi convincenti di riforma strutturale stanno andando meglio, molto meglio di quelli che non lo hanno fatto o lo hanno fatto in maniera insufficiente”, ha dichiarato Draghi, che – in caso di sostanziali variazioni inflazionistiche nel medio-lungo periodo – non esclude l’utilizzo di predisporre misure non convenzionali allo scopo di mantenere l’inflazione sotto il 2%, come l’acquisto di bond su larga scala. Draghi afferma che la ripresa è rallentata e disomogenea nell’Eurozona. Lo conferma anche l’elaborazione comparata realizzata dalla fondazione David Hume, riportata sulla Stampa di oggi, che mostra come Regno Unito, Spagna e Svezia abbiano riportato un plus del proprio PIL rispettivamente di 0,8%, 0,6% e 0,2%, a dispetto del dato negativo italiano.
Draghi ha quindi ribadito la necessità di proseguire sulla strada delle riforme, la cui annunciata (e mai attuata) concretizzazione ha spesso scoraggiato gli investimenti privati, il cui aumento di conseguenza permette anche al Pil di lievitare. Per l’ex governatore di Bankitalia, dunque, la soluzione non può che essere l’incremento dell’integrazione comunitaria, anche sotto il profilo economico e finanziario. “Per i Paesi dell’Eurozona – ha poi dichiarato Draghi – è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali.