Elezioni presidenziali in Islanda. Un voto scontato?
Forse anche queste scelte hanno spinto molti cittadini a chiedere a Grímsson di ricandidarsi. All’inizio, infatti, il presidente sembrava non volerlo fare: nel suo discorso alla nazione per il nuovo anno aveva detto di non volersi ricandidare. Poi però ha cambiato idea. Una petizione online ha raccolto qualcosa come 30.000 firme (ricordiamoci che l’Islanda ha 320.000 abitanti): Grímsson si è fatto sedurre dall’ipotesi di restare seduto altri quattro anni su quella poltrona. Ha spiegato che occorre tenere saldo il timone di una nazione ancora in difficoltà, che c’è da difendere il ruolo del presidente della Repubblica, ha aggiunto che se le cose per l’isola dovessero aggiustarsi in fretta potrebbe chiudere la sua esperienza presidenziale anche prima del termine del mandato.
[ad]Vincerà? Probabile. È vero che il sostegno nei suoi confronti non è alto come un tempo ed è vero che molti elettori (soprattutto quelli di sinistra) lo hanno abbandonato; è inoltre vero che – come scrivono alcuni analisti politici – gli islandesi potrebbero essere stufi di lui. La giornalista Þóra Arnórsdóttir sembra avere un considerevole sostegno popolare alle spalle. Un recente sondaggio apparso recentemente su un quotidiano dava Grímsson al 27% ela Arnórsdóttiral 57%.
Ma Grímsson resta di diritto il favorito. Ha di sicuro cambiato il modo di guardare e di interpretare la carica di presidente e sarà interessante vedere cosa succederà quando deciderà davvero di farsi da parte o quando gli islandesi lo licenzieranno. La carica tornerà a essere semplicemente un posto d’onore? Molto potrebbe dipendere anche dalle maggioranze politiche che si formeranno di qui a poco. Il Partito dell’Indipendenza – che con tutta probabilità vincerà le elezioni del prossimo anno – potrebbe decidere di fare la guerra a Grímsson sulla base del principio che il presidente deve stare al suo posto. Da mesi, del resto, sull’isola si discute sui compiti che dovrebbero spettare e non spettare al presidente.
La prassi in Islanda vede la carica presidenziale come qualcosa al di sopra delle parti: chi ambisce a ricoprirla si lascia dietro il proprio passato politico per vestire gli abiti del difensore dell’unità nazionale. E basta. Le decisioni spettano ad altri. Molto a lungo è stato così, molto a lungo la presidenza è stata una sorta di poltrona d’onore sostanzialmente vuota. Tutto ciò fino al 1996. Poi è arrivato Ólafur Ragnar Grímsson