Da Bossi a Rosy Mauro, tutti piangono ma nessuno scioglie i dubbi sul Carroccio
La sera del 10 aprile abbiamo assistito a due spettacoli – perché tali sono stati – in salsa leghista, quasi in comtemporanea e recitati in due teatri che più differenti tra di loro non si può, ma entrambi con un denominatore comune: le lacrime. Forse di coccodrillo.
[ad]Al raduno di Bergamo della Lega, ribattezzato “notte delle scope”, Umberto Bossi risponde alla richiesta di pulizia da parte di Bobo Maroni e della base, chiede scusa per i suoi figli, cospargendosi il capo di cenere per averli fatti entrare in politica, butta lì la parola “complotto” (che Maroni, poco prima, aveva rigettato) e piange. In questa specie di catarsi leghista, l’unica cosa che Bossi dovrebbe fare, ossia chiarezza, non è stata fatta. C’è il “capro espiatorio”, suo figlio Renzo, preso con le mani nella marmellata mentre intasca i soldi dal suo autista. Per il resto, niente: lacrime a parte, Bossi non spiega al suo popolo (e anche a tutti noi) se lui e la sua famiglia abbiano, o meno, compiuto operazioni poco pulite. Il Senatùr è forse entrato nell’oblio e non ricorda più quando ai tempi di Mani pulite i suoi sventolavano il cappio in Parlamento.
(Luca Leoni Orsenigo – Lega Nord – 16 Marzo 1993)
Su Raiuno, durante Porta a porta, va in onda il secondo spettacolo. Vuoi mai che la vide della seconda carica dello Stato non abbia uno spazio da Bruno Vespa e infatti è così: in studio, la vicepresidente del Senato Rosy Mauro racconta la sua verità, come in una puntata di un romanzo d’appendice. Rosy non vuole dimettersi, non vede il perché, anche se il partito glielo vuole imporre con metodi da Politburo. La “pasionaria” Rosy promette battaglia, anche in aula, butta lì la parola “accanimento mediatico” (che ci sta sempre bene) e piange, come il suo ex capo a cui lei, per la prima volta, ha detto di no rifiutando la richiesta di farsi da parte. Mauro nega tutto, anche i “29 mila franchi alla Nera”, uno dei soprannomi di Rosy, che però dice: “Non sono io: è l’infermiera svizzera di Bossi”. Fenomenologia della Lega: anche una cittadina rossocrociata diventa una “diversa” nel bestiario del Carroccio.
In mezzo a questa valle di lacrime, c’è chi sogghigna: Bobo Maroni, al quale quasi tutti assegnano il ruolo di prossimo segretario della Lega. Il suo grido “Pulizia, pulizia, pulizia” fa venire in mente il “Resistere, resistere, resistere” che pronunciò l’ex procuratore capo di Milano Borrelli. Ma non basterà: sul palco di Bergamo, la Lega ha tentato, per l’ultima volta, di mostrare unità e di voler eliminare le mele marce perché, come detto da Maroni, è umiliante “essere stati considerati un partito di corrotti”.
Sarà anche umiliante, ma se la Lega vuole salvarsi serve davvero un nuovo corso. Facendo comunque i conti con chi, come ad esempio Rosy Mauro, ha detto: “Prima voglio difendermi. Faccio a modo mio”.
Facilmente, scenderanno altre lacrime.