Ieri il Senato ha fatto un primo passo verso il cambiamento. Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, main sponsor della riforma, esultano. I dissidenti e le opposizioni però non si dichiarano sconfitti. “Ci sono ancora 3 passaggi parlamentari” spiega Roberto Calderoli in un’intervista a Repubblica. “Qua devono tornare. Questa riforma così com’è non funziona. Lo sanno benissimo anche loro, è piena di ca…te. Quelli del Pd mi assicurano che la modificheranno alla Camera e, a quel punto, la lettura decisiva sarà la terza. Qui a palazzo Madama. Da me dovranno tornare e io li aspetto. Pronto persino a votare a favore se mi convinceranno”. Secondo il senatore della Lega Nord “i 183 voti sono un disastro per il governo. Gli sono mancati più di 40 voti, avrebbero dovuto essere 224”, dice Calderoli, secondo cui “a ottobre, quando sarà chiaro che tipo di legge elettorale ci sarà, si capirà anche quale sarà la maggioranza che sosterrà il governo”.
Anche per il dissidente Pd, Massimo Mucchetti, i 183 voti sono “pochini”. “Politicamente parlando è una mezza sconfitta, visto che la platea era almeno di 230. Considerando FI mancano 60 voti. Mi auguro che il premier sappia far tesoro dell’esperienza. Una vittoria di Pirro”. Ma i numeri al Senato non preoccupano il presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda. “Non hanno votato 13 senatori Pd su 108. Mi sembra un dissenso fisiologico” spiega il l’esponente democrat, secondo il quale per le riforme “non sarà necessario alcun soccorso azzurro da parte di Forza Italia”. “Non prevedo alcun soccorso – dichiara alla Stampa, Zanda – Sui temi del governo la maggioranza è quella che dà la fiducia. FI non è nella maggioranza e non dà la fiducia al governo. Noi abbiamo alla Camera una maggioranza larga, al Senato è più ristretta, ma finora abbiamo sempre convertito i decreti e approvato le leggi. Non abbiamo mai avuto un punto di caduta”.