Contratto tempo determinato e dimissioni: requisiti e come fare
Contratto tempo determinato e dimissioni: requisiti e come fare
Con buona probabilità, la gran diffusione del contratto a tempo determinato simboleggia lo stato di precarietà (secondo alcuni) o di flessibilità (secondo altri). La chimera – almeno nell’immaginario collettivo italiano – rimane, sempre e comunque, il contratto a tempo indeterminato, ancor più se con la Pubblica Amministrazione (come dimostrato da un sondaggio SWG di qualche tempo fa).
In ogni caso, qualunque sia la fattispecie del contratto stipulato, potremmo voler cambiare lavoro: vuoi per un’offerta migliore, per dissidi sul posto di lavoro o per questioni personali. Allora, in questo caso, come dovremmo comportarci? Come ci si può dimettere avendo firmato un contratto a tempo determinato? Vediamo, prima di tutto, quali sono i requisiti.
Dimissioni con contratto tempo determinato: che requisiti? Differenze rispetto all’indeterminato
Partiamo subito con il nodo centrale della possibilità di dimissioni con un contratto a tempo determinato; a differenza del contratto a tempo indeterminato, le parti non possono legittimamente recedere dal contratto fino alla sua scadenza naturale (ovvero, il termine apposto). La differenza sostanziale risiede nella possibilità di recedere – in qualsiasi momento – dal contratto a tempo indeterminato. Qui, infatti, entrano in gioco i Contratti Collettivi Nazionali, che disciplinano la risoluzione del contratto sia da parte dell’imprenditore che del lavoratore. Il recesso – sia da una parte che dall’altra – deve essere annunciato con un certo preavviso, stabilito dai CCN.
Tornando al contratto a tempo determinato, solo azioni gravi possono permettere il licenziamento (per giusta causa) o le dimissioni. Riprendiamo una serie di fattispecie, descritte dal portale informativo laleggepertutti;
- mancato pagamento della retribuzione;
- aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
- modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
- pratica di mobbing mobbing, ossia di crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi o dal “demansionamento”;
- notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda
- spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”
- comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente
Dimissioni per contratto tempo determinato: possibile anche risoluzione consensuale
Gli effetti giuridici delle dimissioni “senza conseguenze legali” possono essere prodotti anche dalla risoluzione consensuale del contratto. Ovvero: la situazione nel cui sia il dipendente che il datore di lavoro sono concordi sull’interruzione del rapporto di lavoro prima del termine previsto.
Sondaggio decreto dignità, in Veneto a rischio i rinnovi di 6 contratti a termine su 10
Dimissioni per contratto tempo determinato: cosa succede con recesso unilaterale
Qualora, invece, il dipendente o il datore di lavoro volessero interrompere unilateralmente la relazione di lavoro senza giusta causa, è possibile andare incontro a contenziosi. Se è il datore di lavoro a risolvere il contratto prima del tempo, il dipendente può richiedere le spettanze che sarebbero state elargite fino alla fine naturale del contratto. Dall’altro lato, non vi è ancora nessun precedente per il quale il datore di lavoro abbia ottenuto un risarcimento in seguito al recesso prima del tempo da parte del lavoratore. Ciò si deve a una maggior difficoltà nel determinare il danno procurato dal dipendente. L’unico parametro oggettivo potrebbe essere rappresentato dall’ammontare dell’indennità sostitutiva del preavviso che il lavoratore avrebbe dovuto prestare in caso di contratto a tempo indeterminato.