Continua la battaglia sull’articolo 18, che ha subito un’accelerazione anche alla luce dei drammatici dati del Pil del secondo trimestre, che hanno ufficializzato il ritorno dell’Italia in una situazione di recessione tecnica. A far discutere stavolta è la proposta del leader di NCD, Angelino Alfano, che – con un lungo articolo pubblicato sul sito del suo partito – chiede al governo di eliminare l’articolo 18 per i nuovi assunti già a partire dal decreto “Sblocca Italia”.
TRE MOSSE – “A fine agosto, via un altro tabù. Abbiamo eliminato il Senato, non vediamo perché si debba avere paura di altri gesti coraggiosi”, è il pensiero del responsabile del Viminale. Che avverte: “Chiuso il primo capitolo delle riforme, adesso l’urgenza è la crescita economica per creare lavoro”. Come? Con “tre mosse in tre mesi contro recessione e rassegnazione”. La prima è appunto l’eliminazione dell’articolo 18 almeno per le nuove assunzioni, perchè ‘il lavoro si crea facendo crescere l’economia e anche superando i totem di una certa sinistra che per decenni hanno rappresentato un vincolo non per i licenziamenti, ma per le nuove assunzioni. Questa è la nostra richiesta al presidente del Consiglio: subito via l’art. 18 per i nuovi assunti. A fine agosto, via un altro tabù”.
PROTESTE DAL PD – Un “no” secco arriva dall’ex ministro nonché attuale presidente della commissione Lavoro, il democratico Cesare Damiano: ”L’addio all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i nuovi assunti, proposto da Alfano, significherebbe costruire, in modo definitivo, un’apartheid destinata ai giovani”. Che traccia una strada alternativa: “La nostra proposta, invece, non è quella di abbassare le tutele, ma di diminuire il costo del lavoro con un robusto taglio dell’Irap per il lavoro a tempo indeterminato. È questo che interessa alle aziende”. Contrario anche il sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, che parla di “annuncio simbolico” da parte di Alfano più che di vero interesse a “modificare i rapporti di lavoro”. Anche perchè – ricorda Bobba – “L’articolo 18, tra l’altro è stato già riformato con la legge Fornero del 2012 e i dati del monitoraggio in corso rivelano che nel 90-95% dei casi di ricorso al giudice i casi si risolvono con transazioni di tipo economico. Quindi, in realtà ciò che chiede Alfano è stato già realizzato”. Per Bobba i problemi delle imprese sono altri: “abbattere la burocrazia, i costi dell’energia e il cosiddetto cuneo fiscale. È lì che va condotta la vera battaglia”.
CISL CRITICA – Interviene a muso duro anche il leader della Cisl, Raffaele Bonanni: “La vicenda dell’art. 18 è stucchevole”. Invece “occorre intervenire sui nodi strutturali che non permettono investimenti sicuri in Italia sia per le aziende italiane che estere”. Per esempio “intervengano sulle truffe come le false partire Iva, i co.co.co della pubblica amministrazione e i cocopro associati in partecipazioni, che non hanno precedenti in nessun Paese d’Europa. Si blatera e invece bisogna intervenire”. Da Bonanni un avvertimento: “Le forze politiche stanno esagerando a entrare troppo nelle questioni del mercato del lavoro e più che semplificarle le complicano”.
GASPARRI APPOGGIA ALFANO – A favore della proposta di Alfano è invece Maurizio Gasparri, vicepresidente forzista del Senato: “Nessun segnale di ripresa, economia in recessione. Serve invertire la tabella di marcia per far riprendere il lavoro. Il prossimo impegno deve essere l’abolizione dell’articolo 18”. E poi aggiunge: “Su questo presenterò degli specifici emendamenti e la maggioranza dovrà essere chiara, votando sì o no, senza trucchi. Costringeremo a uscire allo scoperto chi veramente vuole tenere imbrigliata l’Italia”.