Valentina Trinca morta per dimagrire, la madre accusa in TV
Si era sottoposta ad un intervento all’ospedale Villa Sofia per guarire dallo stato di obesità, ma purtroppo il decorso si è concluso tragicamente. Valentina Trinca è morta il 30 maggio scorso a Palermo e il marito, Stefano Enea, continua a chiedere giustizia. Come lui, anche la madre della trentacinquenne, che disperata dice: «Mia figlia mi manca, manca a me e alle sue figlie» e punta l’indice contro il chirurgo che l’ha operata. Resta sulla stessa linea anche Stefano Enea, entrambi ospiti al programma Mediaset Pomeriggio 5.
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Valentina Trinca: il medico minimizzava i disturbi di cui lei gli aveva parlato
«Voglio giustizia per mia figlia, me l’hanno ammazzata» ha detto la madre di Valentina Trinca ai microfoni del programma di Barbara d’Urso, che ha poi aggiunto «Il dottore le ha perforato l’intestino e se ne è accorto dopo quattro giorni. Lui diceva che era esagerata… Per operarla per la perforazione hanno dovuto aspettare l’attrezzatura da un altro ospedale». La ragazza ha sopportato un calvario lungo circa un mese e mezzo, a partire dal primo intervento. «Dopo il primo intervento – si legge nella denuncia per presunto omicidio colposo presentata da Stefano Enea – Valentina aveva dei dolori addominali al basso ventre». Dopo aver notato l’aspetto torbido delle urine e rilevato scorie entro il drenaggio chirurgico che le era stato applicato, si sono rivolti al medico, che però ha fatto ravvisato l’origine dei dusturbi nel fatto che la paziente fosse una fumatrice, senza fare riferimenti a eventuali complicanze seguite alla liposuzione.
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La difesa del personale ospedaliero sul caso Valentina Trinca.
Dall’azienda opsedaliera, intanto, si tenta di difendersi da ogni accusa di malasanità, spiegando che «la paziente era diabetica e ipertesa, sottoposta a bypass gastrico e a due successivi interventi in seguito a complicanze nel frattempo intercorse. La complicanza, consistente in una grave polmonite, ha provocato un successivo pneumotorace bilaterale che ha portato all’arresto cardiaco. Al momento del decesso era già canalizzata e si alimentava con sondino naso-digiunale in quanto intubata. Occorre rilevare come questo tipo di intervento di chirurgia bariatrica, per le sue specifiche modalità, comporta sempre un elevato rischio, in merito al quale ovviamente la paziente stessa e i familiari sono stati pienamente messi al corrente».
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