Dodici mesi di trattative, poi la firma. Il matrimonio con Alitalia costerà ad Etihad 1,25 miliardi di euro (questo l’investimento complessivo tra il 2015 e il 2018) e consentirà alla compagnia aerea italiana di evitare il fallimento. Un accordo necessario, “che darà impulso al sistema Paese, al turismo, allo sviluppo di Fiumicino”, dichiara in un’intervista sul Messaggero Giovanni Castellucci, l’ad di Atlantia, società che possiede partecipazioni in Alitalia. Grazie all’unione con il colosso degli Emirati Arabi, Alitalia potrà disporre di notevoli risorse finanziarie e dunque “fare sistema – continua Castellucci – con le compagnie di Etihad, sfruttare le sinergie operative e svilupparsi nel traffico internazionale”.
Il 30% in più d aerei a lungo raggio, quindi 7 nuove destinazioni internazionali servite tra il 2015 e il 2018. In più la possibilità “di attrarre più passeggeri soprattutto dall’Oriente e dal Sudamerica”. Questi, gli ulteriori benefici che Alitalia trarrà dalla fusione con Etihad secondo Castellucci.
Eppure, quello del matrimonio tra i due giganti del cielo sembrava il remake di un film già visto nel 2008: allora i sindacati guidati dalla Cgil misero in fuga gli investitori francesi di AirFrance. Oggi invece “la crisi ha modificato le prospettive” dichiara, sempre al Messaggero, il presidente di Alitalia Roberto Colaninno: “la contrapposizione tout court oggi viene guardata con sospetto dagli stessi lavoratori. In Alitalia gran parte di essi hanno capito che senza l’accordo con Etihad oggi sarebbero tutti in cerca di nuova occupazione”.
Invece gli esuberi attualmente previsti dopo la fusione ammontano a 2.171 unità: di questi 616 saranno riassorbiti in Alitalia e 681 avranno una nuova collocazione. La questione principale da risolvere per i ministri Lupi e Poletti riguarda però i circa mille dipendenti in mobilità che attendono un contratto di ricollocazione. I fondi per coprire i costi ci sono, ma mancano ancora i decreti attuativi.
Antonio Atte