Blackout game: come funziona e cosa si rischia con l’autosoffocamento

Pubblicato il 14 Settembre 2018 alle 21:57 Autore: Laura Segatti

Blackout game: come funziona e cosa si rischia con l’autosoffocamento.

Un nuovo macabro gioco ha cominciato a dilagare tra i più giovani negli ultimi mesi. Dopo il caso di “Blue Whale”, il ben noto game of death che indusse alla morte più di 150 adolescenti, la paura ritorna con un nuovo volto: il Blackout game. Questo nuovo gioco della morte consiste in breve nel privarsi dell’ossigeno per un tempo sempre crescente fino ad arrivare allo svenimento. Se ci si risveglia, quel brivido della vita dopo una morte indotta, è il momento di euforia che viene fomentato. Il maggior rischio dell’autosoffocamento è senza dubbio quello di ostruire il passaggio di ossigeno al cervello, che può portare se prolungato, alla morte cerebrale da cui purtroppo non ci si può risvegliare. Questa follia di gioco, come accadde anche lo scorso anno con “Blue Whale”, si sta espandendo a macchia d’olio.

Blackout game: un nuovo gioco

Di pari passo al nuovo game, cresce anche l’angoscia nei genitori e negli educatori. La diffusa curiosità degli adolescenti verso queste frontiere di gioco alternative è troppo coinvolgente. Quello che molti ignorano infatti è che esista un sottobosco nel web che trascina i ragazzi a cedere alla curiosità e a mettersi in gioco in alcune sfide. Sfide in cui viene messo alla prova il loro coraggio e la loro fedeltà alla piattaforma ludica. E’ un mondo sommerso che forse si conosce troppo poco e non si riesce a controllare minimamente. Prove di quanto detto sono i numeri esemplari di visualizzazioni, anche per alcuni video contenuti sulla piattaforma Youtube: come in “le 10 cose più pericolose del mondo” e nel filmato “cinque sfide più pericolose per sballarsi senza droga”, che avrebbe raggiunto quasi un milione di visualizzazioni.

Blackout game: muore soffocato a soli 14 anni

Qualche giorno fa è stato trovato morto soffocato nel milanese Igor Maj, un ragazzino di appena 14 anni. Era membro del team dei Ragni di Lecco ed infatti molti lo conoscevano per le sua abilità da arrampicatore. Blackout è stato fatale per il piccolo Igor che ha voluto provare l’ebrezza del gioco, qualcosa di nuovo e proibito. Si è strangolato al letto a castello della sua cameretta mettendosi attorno al collo la corda da arrampicata che di solito usava con il padre. Un epilogo drammatico che il padre Ramon Maj, ben noto climber, non si riesce a spiegarsi. Non avrebbero mai pensato che il figlio potesse morire da un momento all’altro, e sopratutto per una sfida di un gioco finita in tragedia.

Insieme alla madre del piccolo Igor, Ramon ha deciso di lanciare un chiaro e forte appello a tutti i genitori. “Fate il più possibile per far capire ai vostri figli che possono sempre parlare con voi, qualunque stronzata gli venga in mente di fare devono saper trovare in voi una sponda, una guida che li aiuti a capire se e quali rischi non hanno valutato. Noi pensiamo di averlo sempre fatto con Igor, eppure non è bastato. Quindi cercate di fare ancora di più, perché tutti i ragazzi nella loro adolescenza saranno accompagnati dal senso di onnipotenza che se da una parte gli permette di affrontare il mondo, dall’altra può essere fatale”.

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Blackout game: le indagini sulla morte del piccolo Igor

Il pm di Milano, Mauro Clerici ha aperto al momento un fascicolo senza indagati mentre gli inquirenti stanno passando al setaccio il pc e il cellulare del ragazzo. L’intento è quello di trovare il movente o il possibile responsabile che ha indotto Igor al suicidio. Nel frattempo la procura ha emesso un provvedimento per oscurare tutti quei siti in cui viene descritta, pubblicata tramite video e messa in atto la pratica del Blackout. La motivazione che muove i procuratori ad agire, è quella di capire “chi vi sia dietro a questo macabro gioco e, soprattutto, se” riferendosi ad Igor “sia stato indotto psicologicamente od obbligato a compiere tale gesto estremo da parte di qualcuno”.

Anche Codacons Lombardia è intervenuto negli ultimi giorni sostenendo fermamente che gli autori dei video “devono essere indagati per istigazione al suicidio, al pari della piattaforma web che ha permesso la pubblicazione di immagini così pericolose”. Quello che serve nel breve tempo sono misure di contrasto e controllo. Sembra dunque di vitale importanza l’apertura di procedimenti penali nei confronti di chi pubblica contenuti pericolosi. Ma sopratutto verso le piattaforme web che ne consentono la pubblicazione e la conseguente diffusione.

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