Il reddito di cittadinanza non partirà il primo gennaio 2019
Il “reddito di cittadinanza” (che non è un reddito di cittadinanza) non partirà dal primo gennaio 2019. Lo dicevano i numeri e il buonsenso, e ora si è convinta anche il viceministro all’Economia Laura Castelli.
Fino a due settimane fa il ministro Castelli era convinta che il “reddito di cittadinanza” sarebbe partito a gennaio 2019. Con un’intervista a la Stampa, invece, ne ha rimandato l’introduzione di qualche mese.
Reddito di cittadinanza dopo i centri per l’impiego
All’inizio del 2019 il governo si occuperà della riforma dei centri per l’impiego, che, secondo Castelli, richiederà tre-quattro mesi. “Successivamente partirà il reddito di cittadinanza”, ha detto il viceministro.
L’intenzione teorica è riformare i centri per l’impiego per evitare che la misura diventi un sussidio universale che permetta di non lavorare (cioè un reddito di cittadinanza vero e proprio) o, peggio, un invito al lavoro nero.
I centri per l’impiego dovrebbero quindi prima essere messi in condizione di verificare che i percettori del “reddito di cittadinanza” stiano cercando lavoro o partecipando a corsi di formazione.
Fatto questo, secondo Castelli, si potrà partire con il “reddito di cittadinanza”, in tempo per le elezioni europee del 26 maggio.
Confermata la platea, non il costo
Castelli ha tuttavia confermato la platea dei beneficiari, ovvero le famiglie al di sotto della soglia di povertà. Questo significa che 2,76 milioni di famiglie (8,3 milioni di persone) riceveranno un’integrazione al reddito che lo porterà a 780 euro. Solo 390mila famiglie, comunque, riceverebbero il sussidio completo.
Castelli ha invece cambiato idea relativamente al costo della misura. Mentre nelle scorse settimane riteneva che il suo costo fosse di 17 miliardi, ora il conto è sceso a 10. Il motivo, probabilmente, è proprio il suo rinvio di qualche mese.
La cifra di 10 miliardi, curiosamente, è simile a quella del bonus Renzi. Gli 80 euro potrebbero essere cancellati (in parte) entro la fine dell’anno, insieme ad altre misure di sostegno all’impiego. Il “reddito di cittadinanza” dovrebbe prenderne il posto.
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Dal primo gennaio partono le pensioni di cittadinanza?
Castelli ha inoltre confermato le “pensioni di cittadinanza”. In sostanza un innalzamento delle pensioni minime fino a 780 euro, la solita soglia di povertà usata per il “reddito di cittadinanza”.
Questo dovrebbe però avvenire nel quadro complessivo della riforma delle pensioni, che il governo prevede di inserire in legge di bilancio.
Anche questo governo, quindi, sembra dare maggiore priorità agli anziani rispetto ai giovani e al resto della società che deve materialmente pagare la spesa per le pensioni.