Lavoro, Giustizia e Pa. Ecco l’autunno caldo di Renzi
Lo scorso febbraio Matteo Renzi aveva dato il via alla sua esperienza di governo nel segno delle promesse. La più importante era l’impegno di “fare una riforma al mese”. Fisco, lavoro, pubblica amministrazione, giustizia solo alcune delle materie da modificare per “cambiare verso all’Italia”, spiegava il neo premier. Un progetto ritenuto già allora “troppo ambizioso” da osservatori e attenti conoscitori della macchina burocratica. Dopo circa sei mesi è ormai chiaro che il premier non riuscirà a rispettare i tempi dettati nella sua stessa agenda per realizzare le tanto agognate riforme. Per “rivoltare il Paese come un calzino” Renzi si è dato un altro ritmo: non più una riforma ogni trenta giorni bensì ogni cento. O più precisamente, come fissa il suo nuovo crono programma, entro i prossimi mille giorni di governo. Già perché se il suo impegni in politica e la sua leadership sono come uno “yogurt con la scadenza”, ha spiegato il Presidente Renzi in un’intervista a Camminiamo insieme, la rivista degli scout Agesci, è pur vero invece che le riforme hanno un tempo di gestazione più lungo e non sempre la loro realizzazione dipende dalla sola volontà politica della maggioranza. Se, grazie al ‘Patto del Nazareno’ con Silvio Berlusconi, Renzi ha portato a casa, lo scorso 8 agosto, il primo sì alla riforma del Senato è anche vero che per l’approvazione definitiva bisognerà attendere la fine del 2015 quando, passata indenne le quattro letture tra Camera e Senato, la bozza Boschi divenuta legge verrà promulgata dal Presidente della Repubblica non prima di essere stata sottoposta a referendum popolare per volere dello stesso Renzi. Per le riforme costituzionali, dunque, il cantiere del Parlamento resterà aperto ancora a lungo.
A fare compagnia a deputati e senatori, manovali e imbianchini della nuova Costituzione, anche i ministri del Lavoro, della Giustizia e della Pubblica Amministrazione. È su questi tre fronti, infatti, che l’esecutivo intende concentrarsi il prossimo autunno.
La priorità è portare il Parlamento ad approvare i disegni di legge del governo in tempi brevi. Con il Job Acts rinviato a data da destinarsi, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti al rientro dalle ferie dovrà risolvere la grana dell’articolo 18, oggetto del contendere tra governo, Nuovo Centrodestra e sindacati. Di tempi certi neanche l’ombra, ma sia Renzi che Poletti hanno urgenza di chiudere prima del prossimo anno quando, in mancanza di una riforma del mercato del lavoro, l’Ue potrebbe avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Sul fronte della giustizia, invece, a giugno il premier e il Guardasigilli Andrea Orlando hanno presentato in conferenza stampa una bozza di riforma in dodici punti. Ora tocca a Orlando e ai tecnici del suo ministero buttare giù il testo del disegno di legge sulla base delle linee guida approvate in Consiglio dei Ministri e discusse con i cittadini sul portale online del ministero della Giustizia. Si prospetta un braccio di ferro con il Consiglio Superiore della Magistratura per l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati e il riordino dello stesso organo di autodisciplina della magistratura. Niente ferie, invece, per il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia: il ventinove agosto i lavori alla Camera riprenderanno proprio con la discussione sullo ‘Sblocca Italia’. Dopo il primo via libera in commissione Affari Costituzionali pochi giorni fa, con l’eliminazione della “quota 96” e il no al prepensionamento per docenti e medici, è atteso proprio per quella data il voto definitivo dell’aula sul decreto che dovrebbe riformare la PA rendendola più semplice, leggera e telematica. Un primo passo verso la rottamazione che, almeno per il momento, marcia con il freno a mano tirato.
Carmela Adinolfi