La prescrizione dei reati penali: quando scatta e come si può avere

Pubblicato il 16 Settembre 2018 alle 13:03 Autore: Claudio Garau
La prescrizione dei reati penali: quando scatta e come si può avere

La prescrizione dei reati penali: quando scatta e come si può avere

Uno degli istituti del diritto penale che, in quest’ultimo periodo, ha animato il dibattito politico, è sicuramente quello della prescrizione. Si tratta di un concetto ben noto sia in ambito penalistico che civilistico e ha la finalità di impedire, essendo una delle cause di estinzione del reato, la produzione di effetti penali.

Interrogandosi sulla sua ratio, occorre precisare che il legislatore lo ha introdotto sulla base della certezza che, decorso un (più o meno lungo) lasso di tempo, venga meno l’interesse della giustizia a punire il presunto colpevole, dato che scomparirebbero le esigenze di prevenzione generale. Ciò anche perché, più il reato si allontana nel tempo, minore è l’efficacia rieducativa che la sentenza di condanna dovrebbe dare al reo. Un altro particolare di non poco conto è che la prescrizione è fondata sul diritto dell’imputato a un giusto processo in tempi ragionevoli.

L’aspetto temporale: come funziona

Circa l’aspetto temporale e come regola generale, per individuare con esattezza quali termini di prescrizione si applicano ai diversi tipi di reato, in generale occorre fare riferimento alla durata della pena edittale massima prevista per essi dalla legge. In ogni caso, la prescrizione non può essere inferiore a sei anni per i delitti e a quattro anni per le contravvenzioni. Pertanto, per rendersi conto di quando un reato si prescriverà, sarà necessario semplicemente far riferimento alla pena massima prevista dalla legge per il reato stesso.

Per quanto riguarda l’inizio della decorrenza della prescrizione, il codice penale opportunamente distingue tra reato consumato, tentato e permanente. Nel primo caso, infatti, il termine di prescrizione decorre dal giorno della consumazione del reato, nel secondo caso dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole e nel terzo caso dal giorno in cui è cessata la permanenza.

La sospensione e l’interruzione della prescrizione

Occorre precisare però che i termini di prescrizione possono essere allungati, e ciò avviene grazie alla presenza, nell’ordinamento penale, degli istituti della sospensione e dell’interruzione. Secondo il legislatore, la sospensione ne blocca il decorso, il cui termine rimane bloccato fino a che la causa sospensiva non viene meno; a questo punto, la prescrizione riprende normalmente. A titolo di mero esempio, si può citare, tra le cause di sospensione, il cosiddetto deferimento della questione ad altro giudizio. L’interruzione è ben diversa: anch’essa influisce sul decorso del termine, ma azzera il tempo decorso fino al momento della sua verificazione, tempo che comincerà a calcolarsi nuovamente dal principio. Tra gli esempi di casi in cui interviene l’interruzione, si può menzionare l’interrogatorio reso al PM o alla polizia giudiziaria e la richiesta di rinvio a giudizio.

Dato il rischio che l’interruzione possa allungare enormemente il decorso del termine di prescrizione, la legge dispone che in nessun caso i termini possano superare di oltre un quarto quelli previsti dall’ordinamento.

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Casi di inapplicabilità della prescrizione

Non sempre però risulta applicabile: in caso di reati in cui il Codice Penale prevede la pena dell’ergastolo (anche solo come conseguenza di circostanze aggravanti), questo istituto non è applicabile. Ciò perché si tratta di reati di particolare gravità, verso cui l’ordinamento mantiene l’interesse alla punizione.

L’ipotesi della rinuncia alla prescrizione

A seguito della prescrizione, è opportuno precisare che, oltre ad aversi la mancata produzione di effetti penali, il giudice non può scendere nel merito della vicenda e decidere se l’imputato sia colpevole o innocente. La persona che beneficerà della stessa sarà semplicemente prosciolto.

Tuttavia, è anche previsto che la persona interessata possa espressamente rinunciare alla prescrizione: ciò può accadere perché l’imputato vuole dimostrare alla società di essere veramente innocente e anche per la convenienza ad ottenere una sentenza di assoluzione piena;  né è un esempio il caso in cui, dopo una sentenza di condanna in primo grado, in appello l’imputato voglia rinunciare alla prescrizione, in modo da evitare la condanna al risarcimento danni, qualora venga poi riconosciuta la sua innocenza.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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