“La precarietà nel mondo del lavoro si annida soprattutto tra il popolo delle partite Iva”, diceva Giuseppe Bortolussi (segretario della Cgia di Mestre) nel marzo scorso. E, purtroppo, è proprio così: negli ultimi 6 anni, 500mila imprese individuali hanno chiuso. Difficile dare una spiegazione razionale ad un tracollo del genere, ma tant’è. Nel 1992 le partite Iva, in Italia, erano 7 milioni e mezzo, oggi non arrivano neppure a sei. E oltre ai drammatici dati storici, una settimana fa l’Osservatorio sulle Partite Iva del Dipartimento delle Finanze, ha inflitto il colpo di grazia: in giugno sono state aperte 38 mila nuove partite Iva ma rispetto allo stesso mese del 2013, il calo è del 3,8%. Certo è che il primo semestre del 2014, non ci aveva regalato risultati migliori: -9% a gennaio, -3% ad aprile e -7% a maggio.
DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO – I dati di giugno fotografano anche la “ripartizione territoriale” delle partite Iva: 41,7% al Nord, 22,7% al Centro e 35,4% al Sud e Isole. In aumento, rispetto allo stesso periodo del 2013, solo nella Provincia Autonoma di Trento (+5%), in Sicilia (+2,7%), in Abruzzo (+2,5%) e in Campania (+1,2%). Al contrario, le maggiori flessioni si registrano in Valle d’Aosta (-29,6%), nella Provincia Autonoma di Bolzano (-15,6%) e in Molise (-15%).
CLASSIFICAZIONE SETTORE PRODUTTIVO – Sono i commercianti a guidare il popolo delle partite Iva con il 24,5% del totale, seguiti dai liberi professionisti 13,1% e dai costruttori 9,4%. L’incremento rispetto a giugno 2013 si è avuto nei servizi di informazione e comunicazione (+9,5%) e nella sanità (+5,7%) mentre gravi perdite si registrano nel settore delle attività finanziarie (-27,5%), delle attività artistiche (-15,2%) e nell’agricoltura (-7,4%).
REGIME FISCALE VANTAGGIOSO – Sempre nel documento del Dipartimento Finanze si legge che più di 10 mila partite Iva hanno aderito al “regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”. Questo limita “l’imposta dovuta al 5% degli utili dichiarati” per i primi cinque anni, “esonerando i contribuenti interessati dal pagamento di Iva e Irap”.
PROMESSE DA MARINAIO – Già nel marzo scorso la Cgia di Mestre aveva avvertito l’esecutivo: “I dipendenti battono il popolo delle partite Iva 5 a 0” perché i primi possono accedere, rispetto ai secondi, a “tutte le cinque principali misure di sostegno messe a disposizione dal nostro welfare (cassa integrazione in deroga, cassa integrazione ordinaria, cassa integrazione straordinaria, mobilità e Aspi)”. E, tramite il suo segretario, invitava Renzi a muoversi anche in questo settore: “Ora l’esecutivo intervenga a favore degli autonomi che mai come in questi ultimi anni di crisi economica hanno patito le pene dell’inferno” (29-03). Il nuovo premier colse subito la palla al balzo: “La voce degli incapienti e partite Iva sarà inserita in provvedimenti nelle prossime settimane e mesi” (18-04), “ora penso a pensionati e partite Iva” (23-04), “nessuna manovra correttiva, bonus Irpef per incapienti e partite Iva nel 2015” (16-05). Poi, in un attimo, le promesse di mesi e mesi sono sfumate: “Non sono in grado di garantire l’estensione degli 80 euro” (01-08). E ora, chi lo dirà alle partite Iva?