Poletti: “Non serve abolire art. 18”. Sacconi: “Ministro paradossale”

Pubblicato il 17 Agosto 2014 alle 11:59 Autore: Redazione
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“Se ci infiliamo nel solito braccio di ferro sull’articolo 18 non portiamo a casa nulla” e più che partire dai licenziamenti, dobbiamo “uscire dal vecchio conflitto impresa-lavoro e ragionare su partecipazione responsabile, condivisione, cooperazione”. Lo dice il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti in un colloquio con il Corriere della Sera. Nel disegno di legge delega, spiega, “affronteremo tutti gli aspetti del mercato del lavoro, riscrivendo lo statuto, come ha detto Renzi, dagli ammortizzatori alla revisione dei contratti, compresa l’introduzione del contratto di inserimento a tutele crescenti”.

Quest’ultimo va reso “meno oneroso per l’impresa, alleggerendo il carico fiscale e contributivo”, rendendolo preferibile rispetto al contratto a termine senza causale. Poletti si dice anche favorevole a un intervento sulle pensioni alte a sostegno di quei lavoratori che altrimenti rischiano di entrare fra gli esodati: “Le risorse eventualmente recuperate con un contributo di solidarietà o con il ricalcolo contributivo dovrebbero restare nel sistema previdenziale in una logica di solidarietà per chi soffre di più”. Conferma anche che è “in lavorazione ma è strettamente legato alle risorse” un ponte per coloro che hanno perso il lavoro, per evitare altri esodati: vanno valutate le diverse opzioni in vista della legge di Stabiltà. In ultimo, il ministro sottolinea come “l’Irap va ridotta perchè oltretutto ha l’insana caratteristica di colpire le imprese a più alta intensità di lavoro. Ma anche qui non si scappa: dovremo fare i conti con le risorse disponibili”.

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SACCONI: “PAROLE DI POLETTI PARADOSSALI” – “Il ministro del Lavoro sembra escludere correzioni e integrazioni alla delega lavoro nonostante il presidente Renzi abbia esplicitamente ipotizzato il superamento dello Statuto dei Lavoratori. Ciò richiede l’inserimento nel provvedimento di un criterio di delega per un testo unico innovativo anche del contratto a tempo indeterminato la cui flessibilità nel solo primo triennio sarebbe non solo inutile in relazione ai contratti a termine ma soprattutto negativa per i contratti di apprendistato che ne sarebbero scoraggiati. Sarebbe davvero paradossale intervenire su tutto, dagli ammortizzatori ai servizi per l’impiego, dai modelli contrattuali alla conciliazione, escludendo solo l’art.18. Preoccupa inoltre il riferimento alle pensioni medie già erogate che potrebbero essere – a detta del ministro che ipotizza una asticella di ampia resa finanziaria – ulteriormente penalizzate inducendo una più generale insicurezza nei pensionati, sulle loro aspettative di vita, sui loro consumi”. Lo ha dichiarato il presidente del gruppo del Nuovo Centrodestra al Senato, Maurizio Sacconi.

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