Somme in più in busta paga: come restituire
Può capitare che un lavoratore percepisca una maggiorazione dello stipendio temporanea per particolari motivi. Per esempio, un dipendente cambia sede; dunque, l’ azienda gli corrisponde un rimborso per i viaggi da sostenere; lo stesso lavoratore magari poi verrà riassegnato alla sede precedente; tuttavia, per via di un errore contabile qualunque, continua a percepire il rimborso senza avvertire l’ azienda. In questo caso, si può parlare di emolumenti non dovuti da restituire.
Detto ciò, in che misura e in che modo potrebbe avvenire tale restituzione? La Cassazione ha di recente esaminato un caso in merito. Un lavoratore – che non aveva mai avvertito l’ azienda dell’ errore – stava andando in pensione contando anche i rimborsi ottenuti in “malafede“; quindi, con tali benefit a pesare sul Tfr ma anche sullo stesso assegno previdenziale. A quel punto, il datore di lavoro ha richiesto la restituzione di quanto versato senza motivo, per dir così.
Busta paga: somme non dovute e restituzione, come avviene
La giurisprudenza ha finora voluto privilegiare in casi del genere i cosiddetti “diritti quesiti” dei lavoratori; soprattutto, nel settore privato. In pratica, il lavoratore percepisce una maggiorazione per una serie di motivi; col passare del tempo tale maggiorazione permane fino a essere considerata come acquisita; per questo bisogna garantirla. Altra cosa è poi la valutazione del grado di malafede messo in atto da un lavoratore nel preservare il diritto acquisito al di là che gli spetti o meno.
Quindi, semplificando, è possibile dire che al massimo il lavoratore dovrà restituire le somme in più che non sono andare in prescrizione. In sostanza, sarà chiamato a restituire solo le somme non dovute percepite nei 10 anni precedenti alla richiesta di risarcimento. Inoltre, non si è obbligati a restituire tutto in una sola volta; se la restituzione avviene tramite busta paga, il datore di lavoro non potrà trattenere più del 20% dell’ importo mensile. Inoltre, le somme percepite anche se non dovute secondo il datore di lavoro – se sono cadute in prescrizione – valgono ai fini della maturazione del Tfr.