Un film che non avremmo mai voluto vedere
Il terremoto che sta scuotendo la Lega in questi giorni, potrebbe benissimo dare numerosi spunti per un film su qualche malcostume, o qualche stereotipo italiano. Uno di quelli che hanno riempito i botteghini a Hollywood in passato. C’è tutto: il boss(i), il figlio del boss(i), la donna del boss(i), auto di lusso, ville mozzafiato e una quantità di soldi che un italiano medio non sarebbe capace di vedere neanche se vivesse molte vite. Ovviamente si scherza e si parla per assurdo, ipotizzando e vedendo della finzione laddove invece la realtà investe la vita di ognuno di noi.
[ad]Quante volte nelle chiacchiere da bar, catalogate spesso sotto la grande ala che avvicina antipolitica e populismo, abbiamo sentito la frase “rubano tutti”, o “quelli con i nostri soldi fanno la bella vita”? Quante volte? Troppe, per evitare di far indignare, chi, effettivamente nella politica ci crede davvero e forse da disilluso crede che le cose vadano diversamente.
Fin qui però siamo ancora alle chiacchiere da bar, e allora è meglio fare un passo avanti e cercare di capire la matrice del problema. Purtroppo già migliaia e migliaia di anni fa l’uomo capì, senza ancora leggere Rousseau o Sartori, di essere un soggetto meschino dedito a fregare il prossimo e fare i propri interessi. L’uomo, non l’italiano. Proprio per questo decise di darsi delle regole e di rispettarle applicando delle sanzioni a chi le avesse infrante. Regole giuste, regole sbagliate, sanzioni eque, sanzioni disumane, ci piaccia o no semplificata di molto la storia è questa. Al nostro uomo spettava allora l’arduo compito di capire come scegliere, chi tra i suoi simili, dovesse scriverle quelle regole. E l’uomo, se c’è una lezione che ha imparato dalla storia è che su questo argomento, purtroppo, non riuscirà mai ad imparare. Nel 1993 un referendum promosso dai Radicali chiese agli italiani, quasi testualmente: “Volete Voi che siano abrogati gli art. […] relativi al finanziamento pubblico ai partiti?”
Ora, gli italiani saranno pure un popolo di pigri, burloni e disinteressati, ma quando le cose gliele chiedono in maniera così chiara, tendono a darla una risposta. E pure netta. Il 90% di coloro che si recarono alle urne rispose “Si”. Il 90 %. 31 milioni 225 mila 867 elettori, per precisione. Erano altri tempi, tangentopoli era una ferita apertissima e la voglia di politica, di ricambio dirigenziale sfociata poi nel ‘94 con l’elezione dell’uomo nuovo Berlusconi ne è l’emblema. Altri tempi si, ma che non potevano giustificare, solo tre anni dopo, la reintroduzione del finanziamento pubblico ai partiti, camuffata in una legge che parla di “rimborso elettorale”. Rizzo sul Corriere del 7 aprile ha dato qualche numero che fa rabbrividire, e ci fa capire ancora di più come sia una vergogna chiamare “rimborso elettorale” un finanziamento ai partiti in cui questi ultimi prendono quasi 4 euro per voto ricevuto e più del quadruplo di quanto effettivamente speso. L’unica condizione è l’aver ottenuto almeno l’1% dei voti. Se consideriamo che la soglia di sbarramento dell’attuale legge elettorale è più alta sia alla Camera che al Senato capiamo chiaramente che usufruiscono dei rimborsi anche quei partiti che a Montecitorio e Palazzo Madama non mettono piede da un po’.
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