Tra pensioni ed ipotesi di un prelievo forzoso. L’estate è ancora lontana dal concludersi. Eppure l’autunno si avvicina e saranno le prossime scelte del governo a stabilirne la “temperatura”. L’ipotesi di un “autunno caldo”, segnato da una nuova manovra correttiva, si era infatti profilata dopo i pessimi dati sul PIL forniti dall’Istat.
Per l’esecutivo resta da capire quali saranno le spese da tagliare, i settori in cui intervenire, i piccoli privilegi da sacrificare. Perché la coperta è sempre più risicata e le promesse di Renzi necessitano di lauti finanziamenti per poter essere mantenute: occorrono infatti nuovi fondi per confermare il bonus da 80 euro e il taglio dell’IRAP.
Dodici miliardi: questa è la cifra che il governo dovrà reperire per la manovra d’autunno. E le pensioni retributive saranno molto probabilmente l’agnello da sacrificare sull’altare della spendig review: d’altronde, una revisione del sistema pensionistico era già stata indicata come necessaria da Carlo Cottarelli poco dopo il suo insediamento. Scartata l’ipotesi di una nuova tassazione del patrimonio immobiliare (impopolare e devastante soprattutto per i piccoli proprietari), il governo è intenzionato a percorrere quella che pare essere l’unica via praticabile al momento: tagli alle agevolazioni fiscali e alle pensioni d’oro e d’argento calcolate con il vecchio sistema retributivo, come ipotizzato dai ministri Padoan e Poletti. Il piano, non dei più semplici, consiste in un prelievo forzoso (ma “di solidarietà” suona meglio) sullo scarto tra l’assegno pensionistico che si riceve secondo le regole del vecchio sistema retributivo (quello in vigore prima della riforma Dini del 1996, che permetteva di ottenere una pensione calcolata sulla base dell’ultima busta paga) e la cifra teorica che verrebbe fuori applicando il metodo contributivo. La soluzione migliore sembrerebbe dunque essere questa. Se sull’argomento da Palazzo Chigi non trapela nulla, conferme più o meno indirette arrivano invece dal passato. Tempo fa, a Porta a Porta, Renzi aveva infatti espresso parere favorevole su un eventuale contributo di solidarietà a carico delle pensioni superiori ai 3.500 euro netti al mese. Anche il consigliere economico del premier, Yoram Gutgeld, nel suo libro dal titolo “Più uguali più ricchi” considera fattibile questa ipotesi.
In questo caso nelle casse del governo arriverebbero risorse preziose (circa un miliardo all’anno) da destinare agli esodati, ovvero coloro che perdono il lavoro in tarda età poco prima del pensionamento, ma anche ai cassaintegrati.
PENSIONI: DAMIANO, NO AL PRELIEVO INDISCRIMINATO – “Sono assolutamente contrario al prelievo indiscriminato sulle pensioni per cifre non meglio precisate, per il solo fatto che sono state definite con il sistema retributivo. C’è il rischio che così si vadano a colpire le pensioni medie”. Cesare Damiano (Pd), presidente della commissione Lavoro alla Camera, torna così sull’ipotesi di un intervento sulle pensioni in un’intervista a Repubblica. La soglia delle ‘pensioni d’oro, afferma, “potrebbe essere quella individuata dal governo Letta: 90.000 euro lordi. Superata tale soglia si può intervenire con un prelievo sulla parte eccedente, a condizione che le risorse risparmiate vadano o a migliorare le pensioni più basse o a risolvere il problema dei cosiddetti esodati”.
PENSIONI, D’ALIA (UDC) “INTERVENIRE SOLO SU PENSIONI D’ORO – “Il contributo di solidarietà per il reperimento delle risorse per gli esodati si traduce in sostanza in un aumento della pressione sul ceto medio. Quando il ministro Poletti dice che dipende da dove si fissa l’asticella, significa che il taglio delle pensioni potrebbe scattare a partire da cifre più basse. Insomma, un conto è se l’obiettivo sono le pensioni d’oro, ma se si allarga al reddito lordo medio allora coinvolgerà la stragrande maggioranza degli italiani. Al governo dico: attenzione, è una questione da maneggiare con cura”. Queste le parole del presidente UDC Giampiero D’Alia. “È necessario varare, al rientro dalle vacanze, un pacchetto di norme tutte indirizzate al ceto medio, messo a durissima prova da anni di crisi economica. Va da sé -ha concluso il presidente Udc- che ogni intervento, a partire dall’eventuale contributo sulle pensioni di cui si discute in questi giorni, non potrà ulteriormente tartassare chi costituisce l’ossatura produttiva del Paese e allo stesso tempo il motore della sua ripartenza in direzione della crescita”.
PENSIONI, LE REAZIONI DEI SINDACATI – Prima di tutti interviene la Cisl, per mezzo del suo segretario, Raffaele Bonanni, il quale, intervistato alla trasmissione “Prima di tutto” su Radio 1, ha affermato: “Il governo dovrà spiegare bene al Paese, ai cittadini perché mette una nuova tassa. E’ un altra tassa, perché non si può intervenire sul pregresso, e quindi dovrebbe introdurre per i pensionati un’altra tassa, come se già non ne pagassero di salate, come se già non pagassero contributi di solidarietà, non ottenendo, negli ultimi tempi, nemmeno la rivalutazione”. Il numero 1 del sindacato storicamente di area cattolica attacca, poi, le società partecipate da Stato o Comuni: “Invece di intervenire sulle municipalizzate mangiasoldi, abbeveratoio della politica, si scatena un meccanismo di tensioni sociali, di contrapposizione fra chi ha una pensione da 500 euro e chi da 2.500. Questa è una cultura becera, che deve finire”. Anche dall’Ugl, il sindacato guidato per anni dall’ex Presidente della Regione Lazio Renata Polverini, si leva un secco ‘no’ alle modifiche pensionistiche. “Renzi – afferma Germinia Mancini, attuale segretario Ugl – si regali un giorno da leone e Dichiari finalmente guerra agli sperperi della politica in modo da poter lasciar perdere i pensionati e i lavoratori, che hanno già dato molto più di quanto dovevano. Ancora una volta il governo annuncia e si appresta a compiere scelte a danno degli ‘ultimi’, incapace di incidere sui poteri forti, incapace di eliminare sperperi e inutili costi della politica, incapace di interpretare le reali esigenze della gente”, ha concluso Mancini.