Spread e Legge di bilancio 2019: governo pensa a una exit strategy?

Pubblicato il 3 Ottobre 2018 alle 09:54 Autore: Giovanni De Mizio
Mutuo e spread: tasso variabile e fisso

Spread e Legge di bilancio 2019: governo pensa a una exit strategy?

A quanto pare lo spread non è poi così irrilevante, secondo il governo. La Nota di Aggiornamento del DEF, non ancora resa pubblica, sembra essere oggetto di sostanziosi rimaneggiamenti che dovrebbero renderla maggiormente gradita all’Unione Europea e ai mercati (cioè ai risparmiatori e a chi gestisce le nostre pensioni).

Il governo starebbe quindi concordando una manovra più soft per quanto riguarda il 2020 e il 2021.

Lo spread, intanto, ha aperto a 290 punti la mattina del 3 ottobre 2018. Si tratta di un lieve calo rispetto a martedì 2 ottobre 2018, segno che gli investitori si sono messi in posizione di attesa.

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Spread e legge di bilancio: un deficit più basso (forse)

Il deficit al 2,4% è diventato mitologico e intoccabile, ma solo per il 2019. Negli anni successivi il governo pensa di ridurlo da tale cifra: 2,2% nel 2020 e 2% nel 2021.

Palazzo Chigi sta cercando di placare i mercati: un’impennata dello spread anche più piccola rispetto a quella del 2011 sarebbe letale per i conti pubblici. E stavolta non ci sarà la BCE a difenderci dal super spread (e ignoriamo il caso in cui sarebbe la Banca d’Italia a intervenire, perché sarebbe anche peggiore).

Il governo intende quindi mettere nero su bianco che nei prossimi anni ci sarà una riduzione sostanziale del rapporto debito/PIL. Il problema sono le misure che vuole la maggioranza, molto, molto costose.

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L’unica via per ignorare lo spread è la crescita

Finora la strategia della maggioranza è stata relativamente semplice. Se il PIL cresce in maniera più decisa (sopra l’1,5%), il debito scende naturalmente. E questo è vero.

Il problema è che la maggioranza vuole far crescere il PIL distribuendo mance (“reddito di cittadinanza”, quota 100, “flat tax”). Come dimostra l’ultima distribuzione di mance (gli 80 euro di Renzi) la crescita del PIL creata da deficit inefficiente è tutt’altro che entusiasmante.

La crescita italiana degli ultimi anni è dovuta principalmente al traino dell’economia globale. Questo traino, però, sta rallentando, per cui il PIL rischia addirittura di decelerare. Facendo esplodere il debito e lo spread, ovvero gli interessi che dobbiamo pagare su questo enorme debito.

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Come ti fermo il deficit, e mi arrendo allo spread

Il governo sta agendo quindi su due direzioni. Da un lato sembra intenzionato ad abbassare il deficit, come detto. Dall’altro vorrebbe inserire alcune clausole di salvaguardia che permettano di tagliare automaticamente la spesa pubblica.

In sintesi, la misura più a rischio è il reddito di cittadinanza, che la Lega non sembra proprio voler accettare. Di Maio è impuntato a farlo partire nel 2019, probabilmente in primavera. Se rifinanziarlo nel 2020 e nel 2021 sarà tutt’altra storia. Se il PIL non crescerà abbastanza, il “reddito di cittadinanza” potrebbe essere la prima spesa su cui calerà la mannaia.

Il problema è che se il “reddito di cittadinanza” verrà percepito come temporaneo, i suoi beneficiari potrebbero decidere di risparmiarlo, invece di consumarlo. E questo deprimerebbe la crescita del PIL, rendendo più fragile il futuro del cavallo di battaglia del M5S.

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