Colombia, stop ai narcotours nella casa di Pablo Escobar
Colombia, stop ai narcotours nella casa di Pablo Escobar.
Pablo Escobar e narcotours: la Colombia dice basta
Un museo dedicato a esaltare vita e gesta di Pablo Escobar, il defunto capo del “Cartello di Medellín”, è stato chiuso dalle autorità colombiane. Ufficialmente, in modo temporaneo (per alcune irregolarità amministrative). E’ il “Museo Pablo Escobar”, che si trova sulla Avenida Las Palmas di Medellín, in Colombia . Questa struttura era gestita da alcuni parenti di Escobar, in particolare dal fratello maggiore, Roberto.
Il “Museo Escobar”: 30 dollari per un’ora di visita.
Trenta dollari. Questa la cifra richiesta per avere accesso al “Museo Pablo Escobar” e immergersi nel mondo oscuro di uno dei trafficanti di droga più famosi al mondo. Il “Museo Escobar” offriva tour in inglese e spagnolo a una clientela per lo più straniera. Sul suo sito web era definito “l’unico posto al mondo in cui avrete l’opportunità di condividere direttamente con i familiari più stretti di Pablo Escobar”. Un’ora di full immersion nella vita di uno dei più famosi e letali narcotrafficanti al mondo, durante il quale si aveva accesso alle sue auto blindate, alla famosa “water-bike di James Bond” e si veniva ammessi nei nascondigli segreti della casa. Oltre ad ammirare oltre 90 foto storiche di Escobar e della sua famiglia.
I narcotours della città di Medellín
Ma il “Museo Pablo Escobar” era solo una delle tappe organizzate dalle agenzie di Medellín per i famosi “narcotours”. Questi comprendono anche una visita alle rovine della “Catedral”, il carcere che “El Patrón” si costruì per una (molto presunta) resa volontaria. Inoltre, la sua tomba al Cementerio Montesacro e l’Edificio Monaco, in quartiere esclusivo della città colombiana, dove viveva con la famiglia. Nonostante siano passati quasi 25 anni dalla sua morte – fu ucciso il 2 Dicembre 1993 – la sua fama è ancora intatta. Su di lui è stato scritto un libro (“Pablo Escobar, il padrone del male”) e da una serie TV Netflix (“Narcos”) che, dicono gli esperti danno solo una pallida idea della spietatezza e dell’ avidità di sangue di Escobar.
Chi era Pablo Escobar, il maggior narcotrafficante della Colombia
All’apice della sua carriera di narcotrafficante controllava l’80% della cocaina in circolo negli Stati Uniti e il 20% delle armi illecitamente circolanti. Forbes lo inserì al settimo posto nella lista delle persone più ricche al mondo, con un patrimonio stimato in oltre 40 miliardi di dollari. Pablo Escobar è stato fino alla sua morte uno dei criminali più famosi e pericolosi al mondo. Nel suo momento di maggior successo il “Cartello di Medellín” guadagnava circa 30 miliardi di dollari l’anno (80 milioni al giorno).
Pablo Escobar si fece strada nel mondo dei trafficanti di droga in modo veloce e spietato, riuscendo per un breve periodo ad avere un posto nel parlamento colombiano. Destituito dal suo incarico parlamentare, si vendicò dichiarando guerra allo Stato e riparando in Nicaragua per un breve periodo. Consegnatosi alle autorità colombiane per evitare l’estradizione negli USA, evase da “La Catedral” poco prima di essere trasferito in un altro carcere. Per la sua cattura furono impiegati i Navy Seals e la DEA. Il 2 Dicembre 1993 morì in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine. Si ritiene he sia responsabile della morte di oltre 4000 persone.
Colombia, il sindaco di Medellín: “Combattere la cultura della malavita”
Andrés Tobón, assessore alla Sicurezza di Medellín, sostiene il “Museo Pablo Escobar” è chiuso per motivi amministrativi. In realtà ciò che lui e il sindaco Federico Gutierrez vogliono fare è cambiare la percezione positiva della figura del “Patrón” che ancora è molto viva, soprattutto nei quartieri più poveri della città.
Gutierrez ha anche criticato più volte le fiction incentrate sulla figura di Escobar. Quest’anno ha anche annunciato un piano per l’abbattimento dell’Edificio Monaco, una delle tappe dei narcotours. “Sono convinto che tutti i simboli dell’illegalità debbano cadere” ha affermato il sindaco. E ha aggiunto: “Vogliamo che quando la gente visiti la nostra città non venga a fare apologia del delitto. E che non riempiano di soldi proprio quelli che più danni hanno fatto al paese e alle loro vittime”. Impresa difficile, in un Paese che ancora fatica a combattere efficacemente la filiera del traffico di coca, la cui domanda è in aumento in Europa e negli USA.
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