Assegno di invalidità 2018: trasformazione in pensione di vecchiaia, i tempi

L’assegno di invalidità 2018 può essere trasformato in pensione di vecchiaia in modo del tutto autonomo. Sarà compito dell’Inps verificare che ci siano.

Assegno di invalidità 2018 trasformazione in pensione di vecchiaia, i tempi
Assegno di invalidità 2018: trasformazione in pensione di vecchiaia, i tempi

Da invalidità a pensione di vecchiaia


Assegno di invalidità 2018: trasformazione in pensione di vecchiaia, i tempi

Pensione di vecchiaia o d’ invalidità, la trasformazione

L’ assegno di invalidità 2018 può essere trasformato in pensione di vecchiaia in modo del tutto autonomo. Sarà compito dell’ Inps verificare che ci siano i requisiti contributivi (cioè 20 anni) nel momento dell’ età pensionabile. Come alternativa, può essere presentata la domanda entro 120 giorni dal conseguimento dei requisiti previsti. Quindi, per i lavoratori del mondo privato (che siano dipendenti o autonomi) la normativa prevede che l’ assegno di invalidità si trasformi in pensione. Questo deve accadere una volta raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla Legge 214/2011 (Monti-Fornero – qui un articolo che riepiloga i requisiti necessari).

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Assegno di invalidità: come si trasforma in pensione

L’assegno di invalidità diventa definitivo se viene confermato per tre volte, trascorsi quindi 9 anni. Il comma 10, dell’art. 1 della Legge 12 giugno 1984, n. 222, prevede che, giunti all’ età stabilita per il diritto alla pensione di vecchiaia, l’assegno si trasformi, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, in pensione.

Un dato da tenere in considerazione è che, una volta avvenuta l’ operazione, il lavoratore non rischierà più la revoca dell’ assegno per la perdita (o la riduzione) della capacità lavorativa connessa a tale attività. Se non fosse possibile effettuare l’ operazione dall’ assegno di invalidità alla pensione, il sussidio dovrà essere mantenuto in pagamento fino a quando non risulteranno raggiunti i requisiti previsti per procedere alla liquidazione d’ ufficio e di conseguenza alla pensione di vecchiaia.

L’ importo che si otterrà dalla variazione dell’ assegno in pensione, non potrà risultare inferiore a quello dell’ assegno di pagamento al momento della trasformazione.

In conformità alla normativa l’ importo della pensione di vecchiaia, calcolato secondo le norme comuni, deve essere comparato con l’ importo dell’ assegno in pagamento alla data del compimento dell’ età pensionabile. Ciò deve avvenire mettendo così in pagamento, a titolo di pensione, il maggiore tra i due importi. Gli assegni di invalidità, con decorrenza successiva al 17/08/1995, possono essere ridotti in base all’ ammontare dei redditi (dall’ art. 1, comma 42, L. n. 335/1995).

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Assegno di invalidità e pensione di vecchiaia: la dichiarazione e i vantaggi

Una volta che si effettua la domanda di assegno ordinario di invalidità, si deve presentare una dichiarazione reddituale che attesta i redditi percepiti nello stesso anno. Ciò in modo da determinare l’ esatta misura della riduzione da operare sull’ assegno. Gli assegni di invalidità concessi con decorrenza anteriore all’1.09.1995 vengono mantenuti in pagamento nello stesso importo. Se l’ assegno ridotto risulta ancora superiore al minimo Inps, si può avere un secondo taglio. Questo dipende dal numero dei contributi sulla base dei quali è stato calcolato.

Con almeno 40 anni di contributi non c’è alcuna trattenuta aggiuntiva. Pertanto in questo caso l’ assegno è interamente cumulabile con il reddito da lavoro dipendente o autonomo, come previsto per le pensioni di vecchiaia e di anzianità. Con meno di 40 anni di contributi si ha la seconda trattenuta che varia in base alla provenienza del reddito, per lavoro dipendente o autonomo. Nel primo caso è pari al 50% del contributo eccedente il minimo Inps. Nel secondo caso, invece, è pari al 30% della quota e non può comunque essere superiore al 30% del reddito prodotto.

Perciò, la trasformazione da assegno ordinario a pensione di vecchiaia presenta due vantaggi. Il primo è che il pensionato potrà accumulare senza limiti la pensione con eventuali redditi da lavoro, che sia dipendente oppure autonomo. Il secondo vantaggio è che, nel caso di morte del pensionato, gli eredi avranno diritto alla pensione di reversibilità.

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