Anche in Venezuela finirà il ventennio?
Era il 4 febbraio 1992. Silvio Berlusconi non era ancora sceso in campo. Hugo Chávez, attuale Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, invece, decise di farlo in maniera scenografica: organizzando un colpo di Stato e facendo bombardare il palazzo presidenziale, allora occupato da Carlos Andrés Pérez. Fu l’irruzione nella politica venezuelana del giovane colonnello, che il 5 febbraio di vent’anni fa veniva arrestato e condotto in carcere. Processato e giudicato colpevole di “insurrezione”, rimase in carcere fino al 1994, anno in cui poté uscire grazie all’indulto del Presidente Caldera.
4 febbraio 2012
Chávez raggiunse poi il potere nel 1998, vincendo in maniera schiacciante le elezioni presidenziali, venendo poi confermato nel 2000 e nel 2006. I dubbi sulla democraticità della sua azione politica sono molti. Se nei primi anni del suo governo molti lo consideravano un modello per la sinistra, oggi pochi possono considerare il Venezuela un Paese effettivamente democratico e migliorato nei 14 anni di Presidenza Chávez.
Votare tanto, decidere poco.
Un’analisi della democrazia potrebbe partire dal voto, espressione massima dei cittadini. Guardato distrattamente il Venezuela potrebbe sembrare un Paese molto democratico: dal 1998 al 2012 si sono fatte 18 elezioni, tra referendum, presidenziali e politiche. Ad ogni cambiamento della Costituzione, infatti, presto giungeva la ratifica. In una perenne campagna elettorale, in cui Hugo si presentava in televisione a spiegare la dottrina, ad attaccare l’opposizione “fascista” e a vivere del consenso.
Se, però, guardiamo ai veri elementi di una democrazia sostanziale, ci sono parecchi problemi nella Repubblica caraibica. Da una parte i processi elettorali sono spesso viziati da brogli, secondo tutti gli analisi internazionali. In secondo luogo ogni volta che un’elezione non andava come desiderava, venivano ripetuta o annullata: come nel 2009, quando si ripeté il referendum per la modifica della Costituzione che gli permettesse di ricandidarsi nel 2012 o come quando nel 2007 fece ripetere le elezioni in alcune regioni dove avevano vinto candidati Governatori ostili.
Ma oltre al processo elettorale ci sono diversi altri problemi: l’altissimo tasso di corruzione, un’inflazione imbarazzante, dei mezzi d’informazione quasi tutti controllati con una costante umiliazione dell’informazione libera o vicina alle opposizioni, un tasso d’analfabetismo uguale a quello degli anni ’90 e pari a piú di un milione di venezuelani. In generale, quello venezuelano, è un regime dittatoriale classico, in cui si limitano i diritti personali, si perseguono gli oppositori, spariscono i giornalisti liberi rapiti da gruppi terroristici al soldo del governo. L’assurdità è che quello che il resto del Sudamerica ha passato tra gli anni ’70 e gli anni ’80 da parte di dittature “di destra” (mentre il Venezuela viveva decenni di stabilità politica nell’alternanza tra COPEI e AD) il Venezuela lo ha passato negli ultimi vent’anni sotto un regime di “sinistra”.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)