Francesco Amato: chi è il latitante della ndrangheta a Reggio Emilia
Francesco Amato è originario di Rosarno: si tratta l’uomo che dopo aver preso in ostaggio alcune persone nell’ufficio postale di Pieve Madolena si è arreso liberando tutti nel pomeriggio di 5 novembre 2018. Una giornata di grande preoccupazione a seguito del gesto eclatante dell’uomo. Chi è Francesco Amato? Un latitante, condannato a 19 anni di reclusione in primo grado nel processo Aemilia con cui la Procura ha condannato boss e affiliati della ‘ndrangheta in Emilia Romagna. (qui un articolo sulla diffusione territoriale delle principali organizzazioni criminali in Italia). Ed è proprio in una frazione di Reggio Emilia che l’uomo stamattina ha deciso di reagire a quella che ritiene una condanna ingiusta.
Francesco Amato, i motivi della condanna nel processo Aemilia
Secondo i giudici Francesco Amato e suo fratello erano costantemente “in contatto con gli altri associati (della famiglia Grande Aracri) in particolare per la commissione su richiesta di delitto di danneggiamento o minaccia a fini estorsivi, commettendo una serie di reati”.
Giorni fa del processo Aemilia, che ha portato ad un totale di 118 condanne, si è parlato anche per il coinvolgimento del padre del calciatore Vincenzo Iaquinta e della condanna a 2 anni del figlio per un reato minore legato all’acquisto di armi.
Francesco Amato, la sua testimonianza al processo e le parole dei parenti
Nel corso del processo Francesco Amato aveva sempre dichiarato la sua estraneità. “Ho commesso decine di furti, ho imputazione per porto abusivo di arma. Non ho mai avuto a che fare con la droga perché lì duri un paio di anni poi ti prendono. Ma non ho avuto contatti con nessuna delle altre persone qua al processo. Come fanno a dire i pm che da quando c’è stato l’arresto, nel 2015, fino al 2018, io ho continuato a delinquere con la ’ndrangheta in questo periodo?”. E poi aveva aggiunto: “Ho 55 anni, sono andato spesso in galera. Non ho mai avuto il 416bis in Calabria e adesso lo prendo a Reggio Emilia? Mi sembra impossibile”.
Durante le ore convulse all’interno dell’ufficio postale anche alcuni suoi parenti hanno preso le difese di Amato. In particolare una sua nipote ha affermato. “Mio zio non è una persona cattiva. Mi dispiace per le povere persone lì dentro. Lo sta facendo perché pensa di aver avuto una condanna ingiusta. Non è colpevole, lo ha fatto perché è innocente”. “Lui non fa male a nessuno, vuole solo giustizia. Lui è invalido dalla mano destra: 19 anni di galera è chiaro che il sangue bolle. Non sapevamo nulla di quello che avrebbe fatto, ma non è cattivo”.
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