L’Ungheria si avvia verso un bivio di forte incertezza, che potrebbe compromettere ulteriormente i già tesi rapporti istituzionali con Bruxelles. Al centro della nuova polemica tra il Paese magiaro e l’Unione, c’è la legge ungherese in materia di libertà civili.
La discussa legge permette di censurare i libri per ragazzi che parlano apertamente di omosessualità. Non sarà permessa nemmeno la diffusione di campagne pubblicitarie in favore dell’inclusione nei confronti della comunità LGBTQ+.
Il Primo ministro ungherese, Viktor Orbán, sostiene che la legge abbia lo scopo di tutelare i bambini dalla pedofilia. Al contrario, le associazioni a difesa dei diritti LGBTQ+ del Paese, contestano la legge definendola un’ulteriore compressione della libertà d’espressione e del libero attivismo.
La reazione europea alla legge ungherese
Lo scontro interno si è velocemente trasformato in internazionale e, la nuova legge, è arrivata sulla scrivania della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Quest’ultima ha usato delle parole durissime:
“La legge ungherese è una vergogna. Ho incaricato i commissari preposti di inviare una lettera per esprimere le nostre preoccupazioni legali prima che la legge entri in vigore. Il disegno di legge discrimina chiaramente le persone in base all’orientamento sessuale. Va contro i valori fondamentali dell’Unione Europea.”
La Commissione è l’organismo preposto alla vigilanza e al rispetto dei Trattati europei. Le dichiarazioni di fuoco rilasciate dalla Presidente, potrebbero preannunciare l’attivazione di una procedura di infrazione nei confronti dell’Ungheria.
Alle dichiarazioni della Von Der Leyen fa eco il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli:
“Siamo convinti che vi siano alcune flagranti violazioni dei principi dello stato di diritto da parte di alcuni Stati membri che devono essere sanzionati.”
Non è ancora chiaro quale procedura la Commissione intenderà adottare per sanzionare l’Ungheria nel caso in cui, la legge non sia modificata o abrogata.
Si discute dell’applicazione dell’Art.6 del TFUE in materia di violazione dello stato di diritto o di una possibile sospensione dei fondi comunitari del Recovery Plan, l’unica certezza è che la questione non è passata inosservata alla riunione del consiglio europeo del 24 e 25 Giugno, sarà proprio tale organo ad aver l’ultima parola sull’eventuale applicazioni delle sanzioni a conclusione della procedura di infrazione, se effettivamente alle parole della Presidente seguiranno i fatti.
Lo scontro al Consiglio europeo del 24 e 25 Giugno
Al duro monito delle istituzioni europee si è affiancata l’iniziativa di 17 Stati membri (su 27) tra cui l’Italia, la Germania, la Francia e la Spagna.
Questi Paesi, hanno firmato una dichiarazione congiunta in cui esprimono seria preoccupazione in merito agli effetti discriminatori della legge.
Nel Consiglio del 24-25 Giugno, la questione ha provocato un vero e proprio j’accuse da parte del Primo ministro olandese, Mark Rutte, che ha invitato l’Ungheria a uscire dall’Unione mediante la procedura prevista dell’articolo 50 del TFUE (la stessa utilizzata dal Regno Unito per la Brexit), accusando duramente le politiche di Orbán, definite contrarie ai valori comunitari e fondanti dell’Unione.
L’ordine del giorno del consiglio è stato stravolto dalla questione ungherese, che si è inaspettatamente rilevata il punto più spinosa della riunione. Orbán è apparso sostanzialmente isolato in sede europea e privo di una sponda politica d’appoggio, tale condizione è amplificata dall’uscita del suo partito, Fidesz, dal gruppo europarlamentare del Partito Popolare Europeo.
Dunque una prospettiva non rosea per Orbán, che può in compenso contare su una solida e ampia maggioranza parlamentare in patria. Tuttavia, in vista delle prossime elezioni, questa potrebbe non essere più così sicura.
La situazione interna in evoluzione
Il destino dei rapporti tra Ungheria e Unione Europea saranno fortemente influenzati dalle prossime elezioni parlamentari che si terranno nel Paese nella primavera del 2022.
Tra meno di un anno, il popolo ungherese potrebbe ritrovarsi non solo a scegliere il proprio governo ma anche il proprio destino visto che le politiche di Orbán appaiono sempre più incompatibili con i principi e le dinamiche comunitarie.
Il Paese appare spaccato a metà, da una parte la coalizione di governo guidata dal partito Fidesz di Orbán e dall’altra l’opposizione filo-europeista. Quest’ultimi hanno deciso di riunirsi in unico cartello elettorale e terranno, in autunno, delle primarie per la scelta del candidato alla carica di Primo ministro.
Il cartello elettorale anti-Orbán ha trovato il consenso unanime di tutta l’opposizione parlamentare, anche della formazione di estrema destra Jobbik, che nell’ultimo anno ha assunto posizioni filo-europeiste e ha fortemente attenuato altre posizioni che in passato avevano provocato forti discussioni.
C’è una chiara volontà da parte delle forze di opposizione di voler essere competitivi al fine di non commettere lo stesso errore avvenuto nelle elezioni del 2018, quando vista la forte frammentazione dell’opposizione, la coalizione di Orbán riuscì a ottenere la maggioranza qualificata dei due terzi dei seggi che gli ha permesso di emendare la costituzione.
Il Metodo Budapest
L’opposizione ungherese che mira a vincere le elezioni nel 2022 si è dimostrata vincente nelle elezioni amministrative del 2019, nella capitale del paese, Budapest si creò un’ampia coalizione europeista composta da formazioni socialiste, liberali e democratiche a cui si aggiunse l’appoggio esterno del Jobbik.
Tale fronte guidato dal giovane Gergely Karácsony riuscii nell’impresa di battere il sindaco uscente, appartenente al partito di Orbán. Oggi, Budapest rappresenta uno dei luoghi dove l’opposizione trova maggiore consenso mentre le zone rurali del Paese sono fortemente legate al partito del primo ministro.
Il sindaco Karácsony è emerso come una delle figure più forte del fronte d’opposizione a Orbán. Recentemente, ha annunciato la sua candidatura alle primarie di coalizione dell’opposizione, ergendosi come il principale sfidante del leader di Fidesz.
L’incertezza sui tempi e sui numeri
Le incertezze sullo sviluppo della vicenda sono numerose sia dal punto di vista comunitario che interno. Se da un lato, la Commissione e il parlamento europeo sembrano aver preso una posizione netta resta da capire se in sede di consiglio europeo maturerà una decisione altrettanto netta vista l’alta maggioranza qualificata richiesta dai trattati per l’emanazione di sanzioni contro uno stato membro, l’Ungheria potrebbe tentare una sfonda con i capi di governo del gruppo Visegrad, con tale tasse la procedura potrebbe arenarsi.
La parola fine alla vicenda potrebbe essere scritta direttamente dagli ungheresi con le prossime elezioni che potrebbero o meno, proiettare il Paese verso una riconciliazione con Bruxelles o verso un ulteriore rottura.