Prezzo petrolio in calo a novembre: cosa ha fatto Trump
Prezzo petrolio in calo a novembre: cosa ha fatto Trump
È ancora in calo il prezzo del petrolio negli ultimi giorni. Oggi il brent è arrivato a quota 66,3 dollari al barile. Si tratta di un vero e proprio crollo se consideriamo il breve tempo in cui si è realizzato. Solo ai primi di ottobre si era arrivati a 86 dollari.
Stiamo tornando ai livelli del mese di marzo, quando si era nel mezzo di una lunga fase di rialzo.
Come al solito quello che sta accadendo è un bilanciamento, che a volte prende le sembianze di un braccio di ferro, tra le ragioni di un aumento dei prezzi e quelle di un calo. Per ora stanno prevalendo le ultime.
E molto c’entrano il presidente americano Trump e i suoi tweet.
“Hopefully, Saudi Arabia and OPEC will not be cutting oil production. Oil prices should be much lower based on supply!”
Questa la sua risposta alla proposta saudita di tagliare un milione di barili al giorno per stabilizzare o innalzare il prezzo del greggio.
Prezzo petrolio, il ruolo di nuovi dazi e sanzioni all’Iran
I sauditi seguono il ragionamento dell’OPEC, che ritiene che vi sarà un eccesso di offerta, complice un calo della domanda e un aumento della concorrenza dei Paesi non Opec. In primis proprio gli USA in cui sta riprendendo la produzione di shale oil, cui gli americani non vogliono rinunciare per poter raggiungere l’indipendenza energetica.
A spingere in basso la domanda secondo gli analisti è la diminuzione delle richieste cinesi di greggio. Come si spiega? Non è tanto dovuto ad un rallentamento dell’economia, ma è causato dalle tariffe e dai i dazi imposti da Trump, che dovrebbero frenare la produzione cinese.
Inoltre c’è il capitolo delle sanzioni all’Iran, che diminuendo l’offerta dovrebbero avere come effetto l’aumento dei prezzi.
Le eccezioni concesse da Trump però limitano questo effetto, e se si somma l’intenzione politica americana di tenere bassi i prezzi, allora c’è abbastanza forza per far pendere la bilancia viceversa verso un calo dei prezzi
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