Usa-Cina news: vertice Apec, un evidente fallimento
L’edizione 2018 del vertice Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) ennesimo teatro della montante competizione tra Stati Uniti e Cina. Ospitato dalla Papua Nuova Guinea, ha registrato un evidente fallimento. Per la prima volta nella storia dell’organizzazione, infatti, non è stato prodotto un comunicato congiunto come da protocollo. La ragione del fallimento starebbe nel forte scontro in merito alla terminologia da usare rispetto ai propositi di riforma del WTO, sui quali tra Cina e Usa c’è sempre meno accordo.
Usa-Cina: la riforma del WTO
Pechino è determinata a difenderne l’assetto attuale, modificando soltanto alcuni meccanismi di risoluzione delle controversie. Gli Usa invece sono sempre più intenzionati a promuovere profonde riforme dell’organizzazione; in linea con lo spirito adottato da Trump verso tutte le principali istituzioni internazionali non ritenute pienamente confacenti agli interessi statunitensi.
Di fatto, il meeting si è risolto nella reciproca promozione da parte delle due superpotenze delle rispettive strategie di sviluppo regionale nel Pacifico.
In particolare, l’intervento del vicepresidente americano Mike Pence ha messo l’indice su una serie di temi che chiamano in causa Pechino. Dalle politiche dei dazi al tema della libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, Pence a Port Moresby ha sferrato un ennesimo attacco a tutto tondo alla Cina.
Usa-Cina: le Nuove Vie della Seta
L’accusa quella di fare “annegare paesi in un mare di debiti” attraverso il progetto delle Nuove Vie della Seta. Questo è stato definito (senza mai nominarlo direttamente nel suo intervento) una “cintura stringente”. Pence ha anche accusato la Cina di mettere a repentaglio l’accesso alle rotte marittime, rivendicando il diritto americano a difendere la libertà dei mari.
Pence è in seguito entrato nel dettaglio della politica “per un Indo-Pacifico libero e aperto” che dovrebbe segnare le future strategie geopolitiche americane, riprendendo di fatto le parole pronunciate qualche giorno prima a Singapore. Durante l’East Asia Summit, Pence aveva definito l’Indo-Pacifico come un’area dove “non c’è spazio per imperi e aggressioni”, in un chiaro riferimento alla Cina.
Pochi minuti prima si era invece concluso l’intervento del Presidente cinese Xi, che aveva ribadito come la BRI non fosse un club esclusivo né una trappola, e sottolineato come per la Cina le politiche protezionistiche siano di corto respiro e destinate a fallire. Xi ha inoltre avuto un incontro venerdì con i leader dei paesi del Pacifico, in cui ha aperto alla possibile collaborazione con il progetto cinese e promesso ingenti finanziamenti nell’ambito della BRI.
Usa-Cina: crescente competizione
La crescente competizione per l’influenza nella regione del Pacifico è dunque una delle evidenze significative del meeting. Pence ha invitato i paesi dell’area a “non scambiare la propria sovranità con gli investimenti” e affermato la disponibilità a sostituire la Cina in termini di finanziamenti.
Un primo punto di partenza è simboleggiato dal piano di aiuti proposto proprio alla Papua Nuova Guinea del valore di 1,7 miliardi di dollari in sviluppo di infrastrutture energetiche e connessione internet. Il piano è supportato congiuntamente da Usa, Giappone, Australia e Nuova Zelanda.
Pence ha inoltre annunciato allo stesso modo ai giornalisti che aspettavano qualche novità sul tema della guerra commerciale che gli Usa non cederanno finché la Cina non acconsentirà alle richieste americane. Anzi, potrebbero varare ulteriori tariffe se non si raggiungerà un accordo nel prossimo meeting del G20.
“La Cina si è avvantaggiata degli Stati Uniti per molti anni. Ora quei giorni sono finiti”, ha detto Pence. Per capire se ci sarà una vera tregua, bisognerà attendere Buenos Aires.