Il sedicente “Esercito per la liberazione dei paesi albanesi occupati”, un’organizzazione finora sconosciuta, ha minacciato di attaccare postazioni militari e della polizia in Macedonia. Tale ultimatum al governo macedone è stato pubblicato sul quotidiano di Skopje, Dnevnik, e testimonia l’alto livello di tensione che si respira nel Paese.
Nella notte tra il 16 e il 17 aprile un migliaio di giovani, molti dei quali minorenni, hanno inscenato una manifestazione, sfociata in scontri con la polizia, per protestare contro l’uccisione nei giorni scorsi di cinque persone di etnia macedone nei pressi della capitale. Due poliziotti e tre civili feriti, dieci manifestanti arrestati, ingenti danni materiali al palazzo del governo macedone: questo è il bilancio reso noto dal ministero dell’Interno
La miccia
[ad]Già nelle scorse settimane abbiamo parlato del crescente livello di conflittualità fra le due comunità, quella albanese (circa il 25% della popolazione) e quella slava. La miccia della violenza è stata accesa nel novembre 2011, quando un poliziotto macedone fuori servizio uccise, per questioni poi rivelatisi personali e non etniche, due concittadini di origine albanese. La tensione si è trasformata in violenza disorganizzata e sporadica raggiungendo, nel marzo scorso, un primo livello di guardia. Hanno cominciato così a registrarsi scontri per le strade in un Paese che nel 2001 ha conosciuto una breve parentesi di guerra civile in seguito alla quale la comunità albanese ha ottenuto maggiori diritti. Gli accordi di Ohrid (Ocrida) promossero una maggiore integrazione sociale.
Il massacro di Pasqua
L’incapacità di intervenire da parte del governo ha peggiorato la situazione. Venerdì 13 aprile, nel clima festoso della pasqua ortodossa, cinque cadaveri sono stati rinvenuti nei pressi del villaggio di Radisani, a nord della capitale Skopje, tra gli arbusti che circondano un lago artificiale. L’impatto emotivo della vicenda è stato enorme, anche a causa della giovane età delle vittime. Quattro ragazzi, tra i 18 e i 20 anni, tutti slavi, più una persona di 45 anni che secondo le indiscrezioni della stampa locale potrebbe essere stato un testimone oculare dell’eccidio eliminato dagli assassini.
Ma chi sono gli assassini? Per la popolazione di Radisani, sobborgo della capitale, la risposta è una sola: gli albanesi. Appresa la notizia da un giornale locale, circa un centinaio di giovani compaesani dei ragazzi bloccava alcune strade secondarie e l’autostrada. Manifestazioni con slogan contro la minoranza albanese sono avvenute poi anche a Skopje.
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L’incantesimo spezzato
[ad]Quella cui si assiste è un’escalation di violenza che non deve essere sottovalutata. Specie in un Paese che nel 2001 ha assistito a violenti scontri, pur circoscritti alla zona di Tetovo, tra l’esercito macedone e una costola dell’Uck, l’esercito di liberazione kosovaro, che dopo il successo contro i serbi puntava a replicare lo schema nei territori a maggioranza albanese della Macedonia. A differenza del Kosovo, però, questa volta non ebbero l’appoggio della Nato e il tentativo, velleitario, fallì. Gli accordi di Ohrid cercarono di ristabilire l’armonia ma oggi, di fronte all’inettitudine della classe politica, a una disoccupazione endemica, alla frustrazione giovanile, l’incantesimo di Ohrid sembra essersi spezzato.
Il silenzio europeo
Per questo la rivendicazione del finora ignoto “Esercito per la liberazione dei Paesi albanesi occupati” non va presa sotto gamba: la pace, in Macedonia, è fragile. La gravissima crisi economica che sta colpendo il Paese ha evidenti ripercussioni sulla tenuta sociale. In un simile contesto è facile che uomini senza scrupoli strumentalizzino il malcontento o, peggio, lo alimentino con attentati e omicidi. E’ chiaro che se qualcuno ha interesse ad alzare l’asticella dello scontro, lo sta facendo. Chi non sta facendo nulla, e colpevolmente, è l’Unione Europea. Certo, la Macedonia non ne fa parte in alcun modo ma un focolaio di violenze nei Balcani non può giovare a nessuno.
di Matteo Zola
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